I Beatles, che avevano incarnato fin dall’inizio quella esigenza di "nuovo" che era nell’aria, furono il punto di riferimento di un’intera generazione, pur non avendo mai scritto testi particolarmente "impegnati". In realtà l’approccio del duo McCartney – Lennon (soprattutto quest’ultimo) fu molto più sottile di altri e bisogna saper leggere tra le righe delle canzoni prima di lasciarsi andare a commenti superficiali.Il brano intitolato Revolution ne è un chiaro esempio. Fu utilizzata come lato B di Hey Jude, con gran dispiacere di John, che la avrebbe voluta come lato A, ma si pensò che Hey Jude avrebbe avuto maggior successo. Revolution era stata registrata al massimo del volume, con la maggiore distorsione possibile, con tutte le lancette delle unità di volume nella zona rossa dei quadranti. Nella versione uscita su 45 giri, musicalmente molto distorta, Lennon critica palesemente i rivoluzionari maoisti-marxisti e si dice pronto a voler cambiare il mondo ma senza aderire a cambiamenti a base di distruzione. Sostanzialmente John esprimeva simpatia sulle necessità di un cambiamento ma esprimeva forti dubbi su alcune tattiche e modalità:Ma quando tu parli di distruzione,Non sai che non puoi contare su di mePertanto il testo della canzone fu bollato dalle frange più estremiste come "reazionario”. Nella versione musicalmente più morbida presente sul White Album, Lennon modifica leggermente un verso, aggiungendo la parola "in", sussurrata quasi sottovoce, alla fine del verso "don't you know that you can count me out", come a dire: "sono ancora indeciso...devo pensarci". Questo significò, rispetto alla versione su singolo, una maggiore apertura, o comunque una non bocciatura a priori delle istanze rivoluzionarie del movimento contestatario.Si potrebbe dire che c’era la rappresentazione di quanto accadeva nelle strade, come in "Street Fighting Man", ma mentre Jagger, dopo aver descritto con vigore ciò che stava accadendo nelle strade, concludeva un po’ fatalisticamente che ad un ragazzo non rimaneva altro da fare se non cantare in una rock’n’roll band (scelta che tra l’altro lui fece, con innegabile successo!), Lennon provava a parlare in prima persona, da una parte cogliendo alcuni aspetti critici dei manifestanti, dall’altra offrendo la propria disponibilità a partecipare al cambiamento, pur rimanendo non particolarmente deciso sul da farsi. Paul McCartney, nel libro scritto insieme a Barry Miles "Many Years From Now – Ricordo di una vita" (Rizzoli, 1997), così si esprime su questa canzone:"Era una canzone eccezionale, fondamentalmente di John. In realtà in quella canzone non esce dal seminato. Dice che si può contare su di lui, come se non si potesse esserne davvero sicuri. Credo che nemmeno lui fosse molto sicuro del modo in cui la pensava a quell'epoca, ma è una canzone apertamente politica ed è ottima. Penso che poi John le abbia attribuito più intenti politici di quelli che ne aveva pensati quando l'ha scritta. Erano temi molto politici, ovviamente, con la guerra de Vietnam in atto, il presidente Mao e il Libretto Rosso e tutte le manifestazioni con la gente nelle strade che urlava Ho, Ho, Ho Chi Minh!. Credo che volesse dire che si poteva contare su di lui in caso di rivoluzione, ma se vai in giro portando il ritratto del presidente Mao «non ce la puoi fare in ogni caso». Con quelle parole penso che intendesse dire che noi tutti volevamo cambiare il mondo nello stile del Maharishi, perché anche Across the Universe contiene il tema del cambiamento del mondo. Ma Revolution era ovviamente una canzone altamente politicizzata ed era una grande canzone. John voleva solo valutare il pro e il contro, accertarsi di tutte le eventualità. La versione dell'album era una registrazione davvero buona, la registrazione più bella che abbiamo mai fatto. E’ un bene che sia venuta subito dopo Helter Skelter, perché queste due sono le canzoni più roche dei Beatles mai registrate".Revolution (Rivoluzione) 1968Dici che vuoi la rivoluzione, ebbeneSappi che tutti noi vogliamo cambiare il mondoDici che si tratta di evoluzione, ebbeneSappi che tutti noi vogliamo cambiare il mondoMa quando tu parli di distruzione,Non sai che non puoi contare su di meTu non sai che tutto si risolve, si risolve …Dici che hai una soluzione reale, ebbeneCi piacerebbe vedere il pianoMi chiedi un contributo, ebbeneStiamo facendo quello che possiamoMa se tu cerchi denaro per gente che ha in mente l’odio, tutto quello che posso dirti, fratello, è che aspetteraiTu non sai che tutto si risolve, si risolve …Dici che cambierai la costituzione, ebbeneSappi che noi vogliamo cambiare la tua testaDici che è l’istituzione, ebbeneSappi che farai meglio a toglierti certe idee dalla testaMa se vai in giro con i ritratti el Presidente Mao, Ebbene sappi che non ce la puoi fare in ogni casoTu non sai che tutto si risolve, si risolve …C’è un altro brano famosissimo del quartetto di Liverpool che, pur non rientrando tra le canzoni "di protesta", sembra rispecchiare più di ogni altra quella "Summer of Love" pervasa da sentimenti di pace, di amore universale, di "flower power".Stiamo parlando di "All You Need is Love". La canzone fu scritta appositamente per un programma speciale della BBC, "Our World", che avrebbe collegato per la prima volta in assoluto i cinque continenti di fronte alla TV. I Beatles erano stati prescelti in rappresentanza della Gran Bretagna. Dal momento che il brano sarebbe stato visto in contemporanea da milioni di persone che non conoscevano la lingua inglese, John e Paul (ma i versi furono interamente di John, secondo lo stesso McCartney, n.d.r.) scelsero delle frasi molto semplici e ripetitive che riuscivano a dare immediatamente il senso della filosofia da "figli dei fiori" che stava dietro alla canzone.Ricorda ancora Paul: "Il ritornello All You Need is Love è semplice, ma il verso è assai complesso, in realtà non l’ho mai capito davvero, il messaggio è alquanto complesso. Era una buona canzone e ci risultava comodo che avesse un ritornello simile ad un inno". E difatti divenne nel giro di poco tempo un vero e proprio inno generazionale!All You Need is Love (Tutto ciò di cui hai bisogno è l’amore) 1967Amore, amore, amore, amore, amore, amoreNon c’è niente che tu possa fareChe non sia possibile fareNon c’è niente che tu possa cantareChe non sia possibile cantareNon c’è niente che tu possa direMa tu puoi sempre imparareNon c’è niente che tu possa fareChe non sia possibile fareNon c’è nessuno che tu possa salvareChe non possa essere salvatoNon c’è niente che tu possa fareMa tu puoi sempre imparareCome essere te stesso al momento giustoE’ facileTutto ciò di cui hai bisogno è l’amoreL’amore è tutto ciò di cui tu hai bisognoNon puoi conoscere nullaChe non sia già conosciutoNon puoi vedere nullaChe non si sia già vistoNon puoi andare in nessun postoChe non sia dove tu pensavi di essereE’ facileTutto ciò di cui hai bisogno è l’amoreL’amore è tutto ciò di cui tu hai bisogno(Tutti insieme adesso)Tutto ciò di cui hai bisogno è l’amoreTutto ciò di cui hai bisogno è l’amoreL’amore è tutto ciò di cui tu hai bisognoSi conclude qui questa scorribanda tra molte delle canzoni di protesta degli anni 60/70 senza aver la pretesa di averle citate tutte. I ricordi son stati personali e scritti andando avanti più con la memoria che con i riferimenti presi qua e là su internet. Il web è stato utilizzato soprattutto per inserire i link appropriati alle singole canzoni e per verificare qualche data.Chiaramente mancano molte canzoni degli artisti menzionati perché se avessimo dovuto anche solo elencare tutte le canzoni di protesta di Dylan o della Baez non sarebbero state sufficienti 100 pagine, per cui è stata fatta una selezione, sicuramente soggettiva e per questo certamente opinabile. Mancano anche riferimenti alle canzoni precedenti e successive al periodo qui trattato, primi anni ’60, primi anni ’70, perché avendo scelto di parlare delle canzoni in qualche modo collegate al 1968 e dintorni, non le abbiamo volutamente considerate. Quindi Pete Seeger (per quanto più volte nominato), Woody Guthrie, in quanto precedenti e Bob Marley, Steve Earle e Bruce Springsteen come successivi, non sono stati di fatto inclusi, come pure sono rimasti fuori altri cantautori usciti negli anni ’80, nonché tutto il movimento punk che pure qualcuno giudica molto importante come voce di protesta fine anni ‘70.Infine, manca la parte italiana, dalle prime leggere ventate di canzoni di protesta a base di fiori nei cannoni del Beat nostrano (Caterina Caselli, Equipe 84, Giganti, Gianni Pettenati, etc. ) ai più impegnati cantautori e gruppi, Fabrizio De André, Francesco Guccini, i Nomadi, De Gregori, etc.A loro magari sarà dedicata una seconda puntata mettendo insieme i tanti articoli scritti sull’Eco su questo argomento, soprattutto da Ferdi. Non si tratta di voler separare gli anglosassoni dagli italici e magari dai francesi o dai cantanti di lingua spagnola e sudamericana (un discorso a parte meriterebbero gli Inti Illlimani, no?), ma come sempre, per motivi di spazio. Si tratta di una rivista, di una web magazine di 21 pagine, non di un volume di 400 pagine.Lo scopo di questo Speciale era di raccogliere quanto scritto tra la fine degli anni 90 e l’inizio del nuovo secolo sulle pagine dell’Eco per farne un lavoro più organico ed omogeneo dedicato a quella musica, a quelle canzoni ed a quei cantanti che di pari passo alle spinte rivoluzionarie nate con le rivolte studentesche del ’68, crearono una sorta di colonna sonora a cui quegli avvenimenti sono rimasti indelebilmente legati.Mai prima di allora musica e movimenti giovanili erano andati di pari passo, eccetto qualche raro caso, come la celebre marcia nel 1963 capeggiata da Martin Luther King sulle note di We Shall Over Come di Pete Seeger.Non può mancare un breve accenno ai film le cui colonne sonore hanno segnato l’epoca qui trattata, come Easy Rider(1969) sulla vita on the road, Fragole e sangue(The Strawberry Statement, 1970) sulle rivolte studentesche nelle Università, Zabriskie Point(1970) sui conflitti interni negli USA, così come Alice’s Restaurant(1969), concludendo con Woodstock (1970) che pur essendo fondamentalmente un documentario sulla 3 giorni di Pace Amore e Musica resta un affresco di come una generazione provava ad incontrarsi per stare insieme, ascoltare musica, fare l’amore, in nome dell’ideale comune della Pace e della fratellanza universale.Riccardo Milan