Storia e Società

Dal nostro collaboratore Franco Nardi riceviamo questo breve ma esauriente saggio sulle origini del fenomeno della Camorra; l’argomento, a carattere storico, è abbastanza inusuale per il nostro Franco, il quale in questo frangente sembra aver subìto la positiva influenza dell’amico Fernando.

 

Il guappo viene da lontano

 

Dio, San Gennaro e il Guappo. Era la santissima trinità a cui dovevano obbedire gli affiliati alla Camorra, secondo il codice segreto. Il codice d’onore della Camorra ritrovato dalla polizia borbonica recitava: "i consociati, oltre Dio, i Santi e i loro capi, non conoscono altra autorità".

Ma come nasce la Camorra?

La chiamavano "Bella Società Riformata", ma non era né un circolo di galantuomini dell’alta società, né un club di illuministi e riformatori. Era invece il nome ufficiale della camorra napoletana.

Alle sue origini, vi sono in pratica due attività: sin dal 1400 esisteva a Napoli una Società delle Mignatte, che si proponeva di sfruttare la prostituzione e di organizzarla. D’altro verso esisteva sin dall’epoca del vicereame spagnolo l’organizzazione del gioco della morra, gioco popolare che ebbe grande successo nella città partenopea praticato in passato anche dalle nostre parti a tal punto che ancora oggi gli anziani lo esercitano. In proposito mi corre d’obbligo ricordare un episodio. Abitando sopra l’ufficio postale, nelle fresche mattine estive odo, sin dalle 6, gli anziani che nell’attesa che aprano gli sportelli per la riscossione della pensione esercitano questo arcano gioco.

La camorra nasce dallo sfruttamento in larga scala di questo gioco e dalla pretesa di ottenere una parte della vincita. Cosa che si perfezionerà poi nelle case da gioco, progenitrici delle bische clandestine. Ma dal gioco al "pizzo" anche fuori dalla vincita, il passo fu breve. Anzi: a tale proposito nel codice della camorra si parla, per la prima volta, di "tangente", che sarebbe spettata in parte alla camorra, con particolare attenzione alle famiglie dei camorristi finiti in galera, ma anche tra gli ammalati e gli infermi protetti dalla camorra.

 

 

C’è un origine mitologica o quasi che fa risalire la camorra ad un certo Gamurro, che poi sarebbe un certo Ramon Gamur, venuto dalla Spagna nel 600 a fondare a Napoli un’associazione criminale sorta due secoli prima a Siviglia e denominata la Corduna. Egli infatti sarebbe fuggito in Italia in seguito ad una repressione e conseguente retata.

Secondo altri, invece, il termine camorra discende dalla "gamurra", giacchetta piuttosto corta di un panno ruvido in uso tra i briganti del sud spagnolo. Ma fa parte della leggenda come la presunta genesi araba della camorra e della mafia.

Vi è anche un ipotesi locale, infatti si pensa che questo fenomeno sia connaturato nella plebe napoletana. Il suo brodo di coltura sarebbero i "lazzari" napoletani. Infatti all’epoca in Napoli vivevano trentamila lazzari, vale a dire persone senza occupazioni regolari, che vivevano di espedienti, di parassitismo e anche di lenocinio. La camorra, bene o male, fu alle origini una forma di autoeducazione verso i rudimenti della vita civile del popolino. I nomi dei più noti camorristi del passato corrispondono ai De Crescenzo, gli Albertini, i Cappuccio, che avevano legato i loro nomi a gesti generosi ed eroici, ad atti di riparazione di torti o iniquità. Purtroppo la camorra odierna ha ereditato dalla precedente solo il nome, è una associazione di volgari delinquenti.

Ma la fine della camorra non ha coinciso con la fine del popolino più plebeo. Nel 1861 vi fu una feroce repressione promossa da Silvio Spaventa, il filosofo che diresse per lungo tempo la polizia. Spaventa abolì la guardia cittadina, a suo dire troppo legata agli ambienti della camorra, ed inviò un centinaio di camorristi a confino nelle isole. L’anno seguente, il 1862, furono il generale Lamarmora ed il questore Aveta a dare un colpo mortale alla vecchia camorra.

Ma si verificò un nuovo fenomeno: la Camorra si allargava ad alcuni elementi borghesi e si costituiva in "comitati d’affari". La camorra entrava così anche in politica e nei comitati elettorali. Accadde persino che per le elezioni del 1890 e del 1894 la camorra fosse al servizio della polizia e del candidato giolittiano. Insomma al camorra si imborghesiva. E insieme allargava le sue attività allo strozzinaggio, alla ricettazione, al lenocinio, al gioco di azzardo, alla ruffianeria, mentre i figli della camorra venivano avviati agli appalti pubblici, alle costruzioni edilizie e taluni persino alle professioni libere (a cominciare da quella dell’avvocato, naturalmente più vicina agli orizzonti della camorra).

Così estende i suoi tentacoli, si fa piovra, entra nelle istituzioni e condiziona lo viluppo urbanistico. Quella nuova Camorra, lontana ormai dalla classica, ha figliato il camorrismo dei nostri anni. Per la nuova camorra non ci sono santi che tengano. Nemmeno San Gennaro.

Franco Nardi