Espressioni dialettali ciociare

 

Uno dei maggiori esperti e conoscitori di lingua ciociara e nostro esimio collaboratore, Carlo Della Torre, ci ha consegnato un’altra puntata del suo monumentale lavoro, scritta come sempre su vecchi fogli di quaderno. Si tratta di detti, proverbi, modi di dire e singole parole che fanno parte della vasta cultura ciociara.

 

 

Annòcceca (voce verbale: si piega)

Asce (Gufo)

Cacre (Ciò che di solito si pulisce nell’angolo dell’occhio)

Colanzana (Grondaia; anche Canala)

Discase (Sciagura)

Iozza (Sporcizia, zozzeria)

Iute (Gomito)

Lappucce (Piega)

Mazzamurèglie (Gnomo, piccolo essere fantastico)

Piccellate (Particolare tipo di pane; anche nella versione con l’uovo al centro)

Sàvete (Terra non coltivata)

Sbalecà (Saltare un fosso)

Sciarabba (Carretto)

Sganìte (Arido)

Sciuscelle o Sellecre (Carrube)

Volegna (Vendemmia)

Cozzette (Il collo ben rasato, dopo un taglio di capelli; capelli ben fatti dietro al collo)

A proposito di "cozzette", ricordiamo la "Legge del cozzette": quando un ragazzo era fresco di barbiere ed entrava in un bar, era usanza che abbassasse il capo per ricevere sul collo (sul "cozzette", per la precisione) uno scappellotto da parte di un ragazzo più grande.

 

Arce: Piazza Umberto I, in una vecchia cartolina

 

 

Chiobbe i richiobbe, gli fasure se seccarene

(Piovve e ripiovve e i fagioli si seccarono)

 

Maddumane me so’ arrizzate tante cete cacchetè s’è fatte tarde

(Questa mattina mi sono alzato tanto presto e invece si è fatto tardi)

 

E quanne ce gli léve gliù tùtere ‘n mocca agliu porche

(E quando levi la pannocchia dalla bocca del maiale!)

 

Quanne gliu picchele parla, gliu rosse ha già parlate

(Quando parla il bambino, l’adulto ha già parlato)

 

L’acqua troglia mena verme

(L’acqua torbida genera vermi)

 

Tra gliustre e brusche

(Quando sta facendo notte; all’imbrunire)

 

Attacca gli’ àsene addo vò gliu padrone

 

La cantilena che conclude questa puntata viene tramandata oralmente e la tradizione vuole che sia la amara riflessione di una povera donna il cui marito aveva perso il lavoro e che si trovava durante le festività natalizie senza il denaro necessario per poter comprare un pezzo di carne.

 

E’ venute Natale i Santa Giusta. E’ venuta la nascita di Criste. Chi s’ magna la carne i chi gli’ arruste. Ie appesa alle chienche l’aggie viste.

(E’ arrivato Natale e Santa Giusta. E’ venuta la nascita di Cristo. Chi mangia la carne e chi l’arrosto. Io appesa agli uncini della macelleria l’ho vista)