L’Eco di Roccasecca

Anno 4, n.23 Settembre-Ottobre 1999

 

Al ristoro dell’Eco

La stagione estiva è terminata. Quasi tutti sono tornati al lavoro (eccetto coloro che hanno lavorato di più proprio d’estate, come Vincenzo!) e hanno ripreso il tran tran quotidiano. Questo sarà pure un luogo comune, ma forse cela una qualche verità. La vita di tutti i giorni, in città come in provincia, genera quasi sempre stress, affanni, piccole e grandi angosce, problemi reali o presunti; molti si rifugiano in sogni dorati di vincite stratosferiche ad una qualche lotteria per sfuggire la realtà. Altri, e molti dei nostri lettori forse sono tra questi, preferiscono ogni tanto salpare verso mondi immaginari, popolati da vecchie storie e da personaggi reali o leggendari, che per un po’ riescono ad allontanare quanto di più deprimente e monotono riserva la quotidianità. Certo, stiamo parlando di una breve fermata, non di un abbandono totale alla fantasia o alla fuga dalla realtà (che non sarebbe in ogni caso auspicabile). Il tempo, insomma, di leggere l’ultimo numero dell’Eco di Roccasecca, che cercherà, come fa dal lontano (?) 1996, di portare un po’ di brio e di follia nelle vostre case. Uno sprazzo di colori sgargianti nel grigiore quotidiano. Un posto di ristoro lungo la strada, proprio come quello rappresentato nella foto d’apertura di questo Eco 23, una macchia di colore sulla Via Casilina, un rifugio per menti in cerca di distrazione. Che poi il posto non si trovi su una via consolare, ma possa essere raggiunto con più facilità sulle vie telematiche di Internet fa parte dei nostri tempi. Non dimentichiamoci che al 2000 manca veramente poco. Tanto, come scrivevamo circa un anno fa, per i roccaseccani nulla cambierà, e fatalmente qualcuno dirà la laconica frase "Gliù munne è semp’ite accusì!". A Natale aspettatevi delle sorprese, i nostri collaboratori sembrano particolarmente creativi. Per ora accontentatevi di questo boccale d’ossigeno.

Ciao.

 

 

 

 
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Eco Blues

Abbiamo pubblicato spesso versi in roccaseccano, abbiamo dedicato molte pagine a personaggi di rilievo della musica (De Andrè tra tutti), ebbene, questa volta vorremmo occupare questo spazio in copertina per rivolgere un pensiero al "Blues", una musica nata dalle sofferenze, dai dolori, dai più profondi sentimenti (anche religiosi) di un intero popolo e che ha influenzato quasi tutta la musica odierna, dal rock, al country, al jazz. Lasciamo ad un futuro articolo – e ad esperti migliori– un saggio sul "Blues", qui vogliamo solo celebrarlo con i versi tratti da una vecchissima canzone, "Poor Man’s Blues" ovvero "Il Blues del poveraccio":

 

Signor Riccone, Riccone, ascoltami bene,

dai una possibilità al poveraccio,

aiutalo a farla finita con questi tempi duri.

Tu vivi nel tuo palazzo e non sai cosa sono i tempi duri,

la moglie del lavoratore muore di fame,

la tua vive come una regina.

Ti prego, ascolta la mia preghiera,

perché non ce la faccio più con questi tempi duri,

così si spinge un onest’uomo a fare queste cose che tu sai che non vanno fatte.

Uno ha fatto sempre del suo meglio,

sarebbe ancora pronto a lottare, farebbe qualunque cosa gli si chiedesse in nome degli USA,

ora la guerra è finita, lui deve vivere come te,

se non fosse per il poveraccio

signor Riccone, che faresti tu?