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MUSICA E CULTURA CIOCIARA

Fulvio Cocuzzo: Siante e Breghiante

 

Due mustaccioni autoritari, un aspetto austero e severo, ecco come appare Fulvio Cocuzzo in foto. Niente di piu’ falso ed ingannevole. A chi lo conosce appare invece come una persona mite e perfino dolce che porta dentro di sé un‘antica saggezza di vecchio montanaro in un cittadino del 2000.

Nato 50 anni fa, professore di italiano ed approdato all’arte attraverso il teatro, da 10 anni a questa parte si dedica alla canzone in dialetto, oltre che al teatro dei burattini che porta in giro con un certo successo.

Quello della canzone e’ un lavoro che, fino ad ora, è rimasto circoscritto nella sua zona d’origine, San Donato Val di Comino; le sue cassette (autoprodotte in modo artigianale, ancorché con indubbio gusto e veste grafica di buon livello) al massimo vengono diffuse tra i conterranei emigrati all’estero che d’estate tornano da paesi lontani per visitare i parenti e ritrovare i sapori della giovinezza lasciata nei vicoli del loro paese natale.

Ecco, ci troviamo davanti al camino di casa sua (termocamino naturalmente, anche in questo il vecchio e il nuovo si fondono) e lui mi dice quasi schernendosi: "Le cassette con le canzoni ormai le ho date agli amici di San Donato. Prima, d’estate, il tabacchino in piazza me le chiedeva e riusciva a venderne anche una decina durante i mesi di villeggiatura, ma oggi si e no me ne vende un paio per stagione."

Mi sembra quasi di risentire le parole di Fernando che, trovandoci a guardare con interesse il vecchio menu’ all’ingresso della sua trattoria (a duecento metri dalla casa di Fulvio) dove si poteva leggere, tra le varie voci, una "fettina lire 6.000" ci diceva "No, non dovete prendere per veri questi prezzi. In realtà sono piu’ bassi. Quelli li ho messi per scoraggiare i rompiscatole".

No, non si tratta di essere gelosi delle proprie cose. Siamo di fronte ad una gentilezza infinita e ad un grande rispetto per gli altri. La gente di San Donato è fatta così.

 

Gli anni giovanili, sulla lambretta

 

Avevo avuto modo di ascoltare con attenzione le sue canzoni, ed ora lì, davanti al camino, dicevo a Fulvio che si sbagliava, che quelle canzoni invece contenevano un discorso universale che andava oltre i confini della Val di Comino. Che come mi ero entusiasmato io nel sentirle, altri avrebbero potuto farlo senza necessariamente aver conosciuto i luoghi come glie Ammarieglie o la Costarella, o i vari personaggi in esse descritti o citati come Banana che gioca in porta.

Da un ascolto superficiale si possono anche notare delle somiglianze con cose già’ sentite: un po’ di Compagnia di Canto Popolare, del Blues, perfino Bob Dylan nella sua versione piu’ folk, ma seguendo le sue parole attentamente, emerge e si fa apprezzare una vena personale ed originale. I testi non sono buttati lì per riempire degli spazi metrici, ma sono densi di significati e di immagini. Ti accompagnano mano nella mano a visitare meravigliosi posti sconosciuti e ti presentano personaggi d’altri tempi. E anche se apparentemente ci sono delle immagini oleografiche stucchevoli, queste non sono fine a se stesse ma vengono arricchite da considerazioni e piccoli pezzi di saggezza popolare, da parte di chi queste cose le vive in prima persona come proprie e non come da altri sentite e raccontate.

Fulvio Cocuzzo comincia la sua attività discografica nel 1988 con l’album "Gnore Remiggio", una raccolta di canzoni che suscita subito l’interesse dei compaesani. Tra le altre fanno spicco "Nenna sea" che racconta di San Donato e dei paesi limitrofi con tono scanzonato (si potrebbe anche intitolare San Dernate che paese fertenuate visto che lo ripete di continuo), "Glie tarramute" dedicata al terremoto del maggio 1984 e della vita in tenda, e una bellissima e delicata "La motocicletta" , la storia vera di un ragazzo che perse una gamba a seguito di un incidente con la sua Guzzi 750.

 

Quest’ultima non viene cantata quasi mai nei suoi spettacoli dal vivo perché’ suscita ancora oggi forti emozioni nelle persone che conoscono il protagonista. In questo album gli fa da spalla suo fratello Roberto che suona tastiere, chitarra e mandola..

 

Fulvio sul palco con la figlia Stefania

 

 

N.el 1990 esce il secondo album "Andanne" (Allora) che, come dice il titolo, parla del passato di San Donato cominciando con i personaggi che popolavano Via Belfiore più volte citata nelle sue canzoni, Serenata all'antica, Sette Auste, sulla festa di San Donato del 7 agosto, come l'aveva vista a vent'anni e come la vede ora a quaranta, Sera e messera , una simpatica filastrocca, Sabbete de Maggie e Bar Italia dove ne descrive gli avventori. In questo album, che e' anche quello preferito dall'autore, c'e' una notevole crescita, Flavio suona quasi tutti gli strumenti e trova finalmente un suo modo di essere cantautore lasciando quell'aspetto cabarettistico di certe composizioni precedenti

La copertina di "Sante  e Breghiante"

 

Nel 1995 esce l’album piu’ bello ed interessante "Siante e Breghiante". Tutte le canzoni in esso contenute hanno diritto ad essere menzionate : "Cicerenella" che e’ un’edizione ciociara della più famosa canzone popolare napoletana; "Sciocca sciocca sciocca" e’ una filastrocca sandonatese; e poi "Sole sole sante" che fa da introduzione a tutto l’album; San Cesine" che parla della festa popolare del 30 agosto; "Glie Ammarieglie" che descrive un’antica zona di San Donato; "Suddista" , una risposta arrabbiata al credo della Lega Lombarda; "Terra di Lavoro", dedicata alla Ciociaria, che si chiamava così al tempo dei Borboni; "Glie Bregante" che prova a dare, in tono ironico, una sorta di scusanti alle malefatte dei briganti dell’ottocento; "La Custarella " altra parte suggestiva del suo paese ed infine "1763", canzone che descrive gli anni della carestia e della pestilenza. Tutti gli strumenti sono suonati da lui con la tecnica della sovraincisione. Particolarmente accurato e' l'uso dell'armonica a bocca che Fulvio suona con maestria. Questa volta c’e una voce nuova che lo accompagna: la voce di sua figlia Stefania che all’epoca delle registrazioni era di appena sette anni ma se la cava in modo egregio.

 

 

 

 

Nell’anno 1996 arriva l’ultimo album, questa volta in italiano, dal titolo "Sudista".

Il risultato non e’ all’altezza dei lavori precedenti e la sua interpretazione rockeggiante non risulta molto credibile. La vena compositiva e’ buona e si sente la mano di chi sa fare canzoni; anche gli arrangiamenti sono di buona levatura e i musicisti che lo accompagnano sono bravi, ma alla fine ti trovi di fronte qualcosa che non ti aspettavi, che c’entra poco con l’immagine di Fulvio che ti eri fatto e che ti aveva entusiasmato. Probabilmente un desiderio, comprensibilissimo, di fare qualcosa di nuovo; ma noi, francamente, ci aspettiamo un altro capitolo della produzione precedente che così tanto ci ha coinvolto.

Siamo pazienti, ci sono sicuramente ancora tante cose che Fulvio puo’ raccontarci e siamo qui pronti ad ascoltarle.

 

G.M.