Homo Telephonicus

Avete notato come sono cambiate le abitudini della stragrande maggioranza delle persone da quando hanno preso piede le nuove tecnologie della comunicazione, in modo particolare il telefono cellulare? Quando si telefona a qualcuno non si chiede più "cosa stavi facendo?" o qualcosa di simile, bensì "dove stai?". Nessuno è più irrintracciabile, per la fortuna di chi lo cerca, non sappiamo quanto per la sua. Nei luoghi chiusi (come sul treno da pendolare che prendo ogni mattina) si possono ascoltare veri e propri "concerti per trillo e voce" sulle note di Beethoven, Mozart, Vivaldi e compagnia suonante. Le conversazioni che ne seguono risultano fondamentali per lo svolgimento della giornata dei loro protagonisti. Ascoltiamo così, ovviamente nelle parole di uno soltanto dei due protagonisti, intense storie di questo genere:

"Ooh?, stavi a dormì?"

"Io sto sur treno. Sta a ‘rrivà a Ostiense"

"Mmmh, mmh, e tu quanno esci?"

"Mmh, mmh, vabbè, vabbè, me chiami tu? O te chiamo io?"

"Te richiamo io quanno scenno. A Trastevere"

"No, no, vabbè, te chiamo io. Se risentimo"

Segue un silenzio e tu pensi che la conversazione si sia interrotta, ma non è così. Riprende.

"Mmh, mmh, mmh, mmh, mmh, sì, sì, no, no, no, vabbè, vabbè, vabbè, sì, sì, no, no, vabbè, se risentimo dopo, te chiamo io, sì, vabbè, ciao, ciao, cia-cia-cia-cia-cia, ciao, sì, sì, ciao, ciao"

A questo punto osserva ancora per qualche secondo il quadrante del cellulare, quasi aspettando che possa scaturirne un’altra frase importantissima, e, finalmente, il silenzio. Da parte sua. Ma tanti altri ne squillano, in un frenetico rincorrersi di suoni trillanti. Il treno è arrivato a destinazione e non siamo riusciti ad andare avanti più di mezza pagina del nostro libro.

E ci torna alla mente un breve ma fondamentale saggio che il nostro Uomo del Nord Est, al secolo Alessandro Bertani, anticipando i tempi, scrisse diversi anni fa, quando i cellulari erano ancora oggetto esclusivo per pochi manager di fascia alta. Egli descrisse il cosiddetto "Homo Telephonicus". Nei nostri archivi abbiamo ritrovato anche l’immagine, disegnata dallo stesso autore, che volle inserire a corredo, raffigurante il primo esemplare di "Homo Telephonicus", ritrovato, a quanto pare, nelle grotte di Sacrofano (come si evince dal cappellino pluriantenne con la scritta "SPIRIT OF SACROFAN).

 

 

Ecco il testo:

L’Homo Telephonicus nasce da un’interruzione ed un corto circuito. Al momento della nascita è "cellulare" ed ha un’autonomia di 40 bilioni di scatti.

Di solito vive nelle Kabine telefoniche e si nutre di schede magnetiche. La madre lo abbandona quasi subito perché, tra spioventi e controspioventi, viene colta da continue emicranie. Anche il padre fugge e l’abbandona perché l’Homo Telephonicus sa dire una sola parola: "PROONTOOOOOO?". Dopo un’infanzia convulsa che passa tra i monti di Testaccio, in giovane età, di solito, viene colto da continui episodi di sdoppiamento della personalità che raggiungono il massimo quando l’Homo Telephonicus si autotelefona.

L’evoluzione successiva è di tipo telematico e dopo qualche anno viene colto (sempre) dal morbo di Hypercom. Si tratta di una stranissima patologia in più fasi che si evolve gradualmente ma rapidamente nel tempo. Nella fase finale l’Homo Telephonicus incomincia a filare e si racchiude in un bozzolo di fibre ottiche da cui, dopo 32 giorni, schiudendosi, nasce un fax. L’evoluzione successiva è rappresentata dall’Homo Kablatus dal quale nascono i Fax ed i Modem; egli quindi è in grado di riprodursi cambiando genere.

(Da "Pensieri scritti e non scritti" di A. Bertani, Edizioni Il Gallinaccio, Esedra 1996)