I concerti dell’estate

Reportage esclusivo per l’Eco di Roccasecca

Bobby Solo in concerto

Pontile di Ostia, 7 agosto 2002

 

Impareggiabile, forse unico nel panorama musicale italiano. Appare proprio come ce lo aspettavamo, Bobby Solo, sia nell’incontro informale che abbiamo avuto prima del concerto, sia durante lo spettacolo che ha tenuto sul leggendario “pontile” di Ostia il 7 agosto scorso.

Un ragazzone che ha superato abbondantemente le 50 primavere, ma sembra sempre quel giovanotto con il ciuffo ribelle che apparve al celebre Festival di Sanremo del 1964. I capelli sono ancora tutti là, neanche un caduto negli ultimi 40 anni, solo qualche filo bianco, nessuna “tinta” all’orizzonte. Simpatico e disponibile nel rapporto con i fans, meticoloso nelle prove dello show, dove poi, paradossalmente, lascia molto spazio all’improvvisazione cedendo alle richieste di qualche appassionato e stravolgendo continuamente la scaletta (che anzi, a detta sua, non predispone mai con particolare precisione).

Ma cercherò di partire dall’inizio, seguendo, almeno io, una “scaletta” degli avvenimenti.

Da quando abbiamo appreso che Bobby Solo terrà un concerto gratuito proprio nella località balneare dove stiamo in questo periodo, la decisione è stata presa. Andremo in grande anticipo per ottenere i posti più vicini al palco e, soprattutto, per incontrarlo. In casa c’è una fan della primissima ora, Miria, che non vede l’ora di assistere ad un suo spettacolo dopo tanto tempo; la prima volta fu nel lontano 1967 a Ladispoli, alla “Sagra del carciofo”! Mangiamo un boccone alle 18 e 30 (Miria un bicchiere di latte, Andreina un panino, io frittata di zucchine, formaggio, patate lesse e sottaceti) e ci rechiamo nel piazzale dove si terrà lo spettacolo. Sul palco già armeggiano dei tecnici e si sentono alcuni accordi di chitarra. Un tecnico sembra particolarmente scrupoloso; in jeans e camicia bianca a quadretti prova più volte l’impatto sonoro della sua sei corde e dell’amplificatore, discute col tastierista, poi scende dal palco e si avvia verso il piazzale, forse per una breve pausa. Occhiali da sole inforcati, esce dalla zona riservata e saluta le poche persone che stavano osservando le prove, tra cui noi tre. No, penso, quello non è un tecnico qualunque, è lui, è proprio Bobby, che già stava provando gli strumenti! Lo blocco immediatamente e lo saluto, Miria fa di più, lo prende per un braccio e lo “informa” che dovrà autografarle le copertine dei suoi album. Disponibilissimo, ci accompagna presso la sua automobile dalla quale tira fuori delle fotografie che ci consegna dopo aver scritto a ciascuno una dedica. Poi passa a firmare i dischi; gli dico che ho acquistato il giorno prima i suoi due primi album, ripubblicati solo di recente in cd nella loro veste originale, e lui contento commenta “era ora che li ristampassero!”.

Il primo album di Bobby “autografato”

 

 

Si passa allo storico momento: dopo oltre 30 anni dal primo incontro, Miria ottiene una fotografia insieme al suo cantante preferito! Lui non si lascia pregare ed assume una posa alla “Elvis”!

 

Miria e Bobby Solo

 

Quindi si allontana per andare a rifocillarsi con una bibita al bar, ma promette che tornerà per altre fotografie (nel rispetto della sua privacy, non gli siamo andati dietro per controllare se avrebbe ordinato una “granita di limone”, n.d.r.). Inutile dire che al suo ritorno, sono quasi le 19 e 30, mentre tenta di risalire velocemente sul palco, dribblando tutti, Miria lo blocca di nuovo ed ottiene altri epici scatti insieme a lui.

 

 

Bobby torna sul palco, dove nel frattempo il suo gruppo ha continuato a provare brani soul, con una ragazza la cui voce appare bella almeno quanto il suo aspetto. E’ il momento in cui si verifica, almeno per me, la prima grande sorpresa della serata. Per circa 45 minuti Bobby ci dà dentro suonando insieme ai suoi musicisti lunghe improvvisazioni che successivamente scoprirò non aver nulla a che vedere con i brani presentati in concerto. Non sono infatti canzoni vere e proprie, ma “jam” blues, soul e rock’n’roll che, sinceramente, alla fine della serata troverò addirittura più interessanti delle canoniche canzoni dello show! Non tanto per la perfezione delle esecuzioni, cosa impossibile durante prove libere, ma per il particolare tipo di approccio a generi musicali che in Italia è difficile ascoltare frequentemente. Bobby si esibisce anche in alcuni imprevedibili “assoli”, e questo fornisce un altro elemento di sorpresa per me. Per quanto mio fratello Mario mi avesse assicurato che Bobby suonasse bene la chitarra, non immaginavo che fosse così sciolto con l’elettrica, anche nelle parti solistiche.

Dopo una lunga ed incomprensibile attesa in piedi, al di là delle transenne, per accedere alla platea (ignoti e misteriosi motivi stanno dietro questa illogica e pericolosa decisione degli “organizzatori” del concerto, visto che l’accesso era “libero” ad invito … quindi chi aveva l’invito avrebbe dovuto avere la possibilità di entrare, un po’ per volta, in modo da evitare ressa e confusione …) alle 21 e 30 è iniziato il concerto. Ad aprirlo ci ha pensato il gruppo che accompagnava il cantante romano, con la bravissima Sara Angeli alla voce, Franco Vinci chitarra elettrica, Giorgio Antoniazzi al basso, Lele Zamperini alla batteria e Marco Quagliozzi alle tastiere. Quattro o cinque brani per scaldare la platea al punto giusto, dominati dalla voce della Angeli a dalla chitarra blueseggiante di Vinci; la sezione ritmica veronese ed il tastierista tenevano ben saldo il gruppo. Tra le cover eseguite ricordiamo Think di Aretha Franklin e Long Train Running dei Doobie Brothers.

Poco prima delle 22 è salito sul palco il vero protagonista della serata: fasciato in un completo bianco, con la giacca che appare leggermente stretta, Fender a tracolla, Bobby è partito subito sparato con Johnny B Goode di Chuck Berry: un avvio decisamente spumeggiante.

 

Durante la prima parte dello show

 

Al termine del primo brano il simpatico cantante ha presentato il tipo di spettacolo, che sarebbe andato avanti senza una scaletta prestabilita, con l’intenzione di eseguire parecchie canzoni di Elvis Presley, in omaggio ai 25 anni dalla sua scomparsa (Elvis morì proprio nell’agosto del 1977), ma pronto a cambiare repertorio se avesse notato poco gradimento da parte del caloroso e numeroso pubblico: “non mi aspettavo tanta gente, sinceramente” ha detto all’inizio del concerto.

C’è da puntualizzare anche il fatto che prima di ogni canzone ha dato sempre informazioni, aneddoti e precisi riferimenti ad essa relativi.

Eccone alcuni esempi che ci tornano alla mente.

Prima di eseguire Cristina ha ricordato che era stata la prima canzone che aveva scritto e pubblicato, nel 1963, in 100 copie, 99 delle quali comperate da lui stesso e la rimanente rimasta in magazzino; l’anno dopo, a seguito del successo della “Lacrima sul viso”, il 45 di Cristina aveva sfondato, arrivando alle 800.000 copie vendute!

Il testo di Una lacrima sul viso di cui lui scrisse la musica, fu ideato in macchina, in un quarto d’ora, da Mogol che lo vergò con una matita smozzicata nel tragitto dal Duomo allo studio di registrazione.

L’anno dopo, in occasione del Festival di Sanremo, i discografici volevano che lui cantasse di nuovo una canzone con il “pianto” di mezzo, visto lo strepitoso successo della “lacrima”.

Ma lui – dice – “con tutti i soldi che avevo guadagnato mi veniva molto da ridere e poco da piangere, così feci una via di mezzo e nacque Se Piangi Se Ridi, che andò benissimo, dal momento che vinsi il Festival!”.

 

Bobby ha ricordato che alcuni degli 11 componenti del gruppo straniero dei Minstrels, che vinsero insieme a lui in quell’occasione (all’epoca a Sanremo lo stesso brano era eseguito da un cantante italiano ed uno straniero, n.d.r.), ebbero successivamente un notevole successo personale: si parla di personaggi del calibro di Barry McGuire, Kenny Rogers e Kim Karnes.

Grande memoria il nostro amico Bobby!

Ma l’aneddoto più gustoso resta sicuramente quello che ha raccontato quando ha cominciato a vedere qualche movimento strano nella platea.

“Un discografico di Caserta, nel 1978, mi diede una massima importante per la carriera di un cantante. Cominciò con una citazione: Disse Patrìck Samsòn (pronuncia partenopea del cantante di origine libanese Patrick Samson, noto in Italia per successi quali “Soli si muore” e “Tant’era tanto antico”, ndr) … Certo, uno pensa, in tema di massime fondamentali a cose tipo “Lo disse Aristotele”, oppure “Lo disse Socrate”, o “Lo disse Confucio”, invece in questo caso “Lo disse Patrick Samson” !!!!!! Insomma, il discografico in questione continuò: “Disse Patrìck Samsòn che quando il cantante canta e la gente passeggia, il cantante è finito!” Uno scrosciante applauso ha fugato qualunque dubbio sui “movimenti” del pubblico di Ostia!

 

Il saluto al folto pubblico

 

Che dire della qualità del concerto?

Bobby Solo ha dimostrato, ripeto, grande abilità alla chitarra, ed una voce ancora perfetta soprattutto per un certo tipo di canzoni.

 

 

Pensiamo, oltre alle sue interpretazioni più classiche, anche a cose come Are You Lonesome Tonight e Love Me Tender e siamo certi che le case discografiche italiane abbiano qualche colpa nel non aver sfruttato meglio una tale voce.

Inoltre lui sembra ancora divertirsi molto in quello che fa, e questo è sempre fondamentale quando ci trova di fronte ad un artista non più giovanissimo!

Tantissime le citazioni ed i ringraziamenti da parte sua. A parte quelli doverosi agli organizzatori ed al suo gruppo, ha chiesto applausi per Mogol, Totò, Elvis Presley,

Il repertorio è stato vario. Molto Elvis, certo, anche se alla fine meno del previsto (6 brani su 24) perché probabilmente ha notato che il pubblico, la maggior parte del quale era composto da signore più vicine alla settantina che alla sessantina ( e ne abbiamo viste anche over 70 …) gradiva di più le canzoni più tradizionali.

Personalmente ho trovato un po’ fuori luogo la presenza di E se domani tra le “cover”, mentre tra le sue composizioni ha spiccato l’assenza di San Francisco , La nostra vallata e Non posso perderti a favore di brani decisamente più “curiosi” come Una granita di limone e perfino Domenica d’agosto (sì, proprio quella dal ridicolo refrain “turila-turila-la’!!!), ma si sa, le scelte sono tutte opinabili. A me è piaciuta moltissimo Non c’è più niente da fare, un brano ben cantato (con annessa “mossa” alla Elvis!) e dal ritmo ben sostenuto dal prezioso giro di pianoforte, una delle canzoni più belle del suo repertorio.

Per gli appassionati e gli “storici” riportiamo fedelmente l’ordine esatto delle canzoni eseguite in circa due ore abbondanti di spettacolo.

Ecco la scaletta completa del concerto, corredata dall’esecutore della versione originale e, dove possibile, dall’autore del brano:

 

Johnny B. Goode (Chuck Berry)

Baci (Remo Germani)

Little Sister (Elvis Presley)

Cristina

Love Me Tender (Elvis Presley)

Siesta

E se domani (Mina)

Domenica d’agosto

Le foglie morte

Zingara

 

Jamaica Farewell (Harry Belafonte)

Se piangi se ridi

Are You Lonesome Tonight? (Elvis Presley)

Tu vo’ fa l’americano (Renato Carosone)

Anema e core (citata l’esecuzione in Inglese di Cliff Richard)

Una granita di limone

Solamente una vez (Julio Iglesias)

Non c’è più niente da fare

Gelosia

Blue Suede Shoes (Elvis Presley, autore: Carl Perkins)

Una lacrima sul viso

Bis:

Volare (Domenico Modugno)

Marina (Rocco Granata)

Medley: Don’t Be Cruel/Baci/Shake Ratte and Roll (Presley/Germani/Presley-Bill Haley)

 

Ed è veramente tutto per questa grande serata all’insegna della canzone italiana tradizionale e del rock’n’roll di matrice americana.

 

Per L’Eco di Roccasecca, Riccardo Milan

 

 

 

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