Il Cinema visto da Gianni

 

MONDOVINO

 

Il vino occupa un posto importante nella vita dell’italiano medio e del roccaseccano in particolare; chi ha la fortuna di poter pasteggiare con un buon bicchiere della produzione “Roccheteglie” vive esperienze paradisiache.

Tale breve inciso introduce una recensione dedicata ad un documentario distribuito dalla BIM, per la regia di Jonathan Nossiter. 

 

La guerra del vino atto primo, così si potrebbe intitolare MONDOVINO l’interessante documentario di Jonathan Nossiter. Già in passato, in nome del vino si sono scatenate beghe e litigi accesi, soprattutto tra italiani e francesi. Ma quello che è in gioco adesso è l’identità stessa del vino entrato nel vorticoso gioco del mercato globalizzato. E così possiamo divertirci ad interpretare questo documentario come un film giallo; il cadavere è proprio quello del vino, come sostiene Aimé Guibert, produttore di qualità, nella regione di Languedoc, nel villaggio di Aniane. Guibert lo dice senza mezzi termini: “Il vino è morto” e per tirarci su il morale aggiunge che sono deceduti anche il formaggio, la frutta. Trovato quindi il cadavere, iniziamo le indagini per scoprire chi sarebbe l’assassino. La ricerca non è né lunga né affannosa e gli indizi portano dritti ai broker milionari della Napa Valley in California, regno di varie dinastie di viticultori, come i Mondavi, produttori della bellezza di 100 milioni di bottiglie, da Napa, all’Australia, dalla Toscana al Cile. Ovviamente questo è solo un gioco, ma la controversia è seria e poggia le sue ragioni d’essere su una diversa filosofia di produrre vino. Quella della megaproduzione ha il suo ideologo in Michelle Roland, il principale enologo al mondo. L’influenza di Roland, che dietro l’aspetto gioviale e perennemente allegro, rivela la tempra dell’inflessibile manager di successo, è riconosciuta in tutto il mondo. Dalla sua base di Pomerol, in Francia, è il consulente tecnico, ovvero un vero e proprio wine maker, di circa 400 vini d.o.c di Bordeaux sparsi in tutto il mondo. Tra i suoi successi più grandi quello di essere stato il primo produttore di vino in India. C’è poco da fare: Roland nel suo campo è un fuoriclasse, capisce le tendenze e il gusto del suo tempo e riesce a creare un prodotto che piacerà al consumatore.

 

È perfettamente integrato nel mercato globale. Non va visto come il diavolo, bensì come l’uomo immagine di quella tendenza che ha visto la trasformazione del vino in un simbolo elitario e pretenzioso, soprattutto in nazioni che, per dirlo con le parole di Nositer: “culturalmente non sono tradizionali produttori di vino, come gli Stati Uniti, l’Inghilterra o l’Estremo Oriente”.

A questa filosofia si oppongono oltre Guibert, anche altri viticultori, soprattutto francesi, come la dinastia De Montille. Hubert, il patriarca, ha fondato la cantina e le sue orme sono state seguite da due dei suoi tre figli, Etienne e Alix. Chiaro il messaggio di Hubert,, quando afferma: “ un buon vino ha bisogno di umiltà, un legame con la terra, il tempo, il clima”. Dell’Italia si parla grazie a due famiglie storiche fiorentine, con alle spalle una solidissima e applaudita fama di produttori di vini, i Frescobaldi (adesso alleati con Mondavi) e gli Antinori.

Va dato atto a Nositer di aver svolto un’indagine approfondita nella galassia dei produttori di vino, offrendo una panoramica esaustiva degli uomini che muovono quest’industria dal fatturato altissimo. Tra tanti “squali” rimane impressa la figura di un produttore che ne è l’antitesi, il sardo Battista Colombu le cui parole potrebbero aiutare a riflettere e non solo sul vino: “Non dobbiamo essere distratti dalle illusioni del progresso, che potrebbero distruggere la natura e portare sofferenze al prossimo. Qui in Sardegna abbiamo una cultura millenaria. Dovremmo vivere con tranquillità su questa terra: c’è abbastanza spazio per tutti”.

 

Gianni Sarro

 

 

Roccheteglie, celebre produttore

di vino di Roccasecca