Sonetti in dialetto olevanese

PAESE ME’

L’amico Carlo Ielo ci ha fatto pervenire una copia di un libro in dialetto di Olevano scritto da un suo conoscente, Alessandro Cappella, e dedicato al suo paese di origine. Dal momento che l’Eco di Roccasecca non si limita a proporre soltanto Rime e Racconti in dialetto ciociaro, ma di qualunque altra lingua accessibile alla quanto mai svariata tipologia di lettori, ben volentieri parliamo di questo libro intitolato"Paese mè".

Se la memoria non ci fa difetto ci sembra che con lo stesso titolo abbiamo letto altri testi dedicati a Roccasecca, Colle San Magno, Colfelice ed altri paesi limitrofi e questo, se da una parte evidenzia forse una scarsa originalità dall’altra rafforza il significato che per ciascun autore rappresenta tale titolazione.

L’autore medesimo, nell’introduzione a questi versi in dialetto olevanese, afferma che "i luoghi in cui siamo nati, lasciano sempre in noi un segno indelebile. I primi suoni, colori, odori che i nostri sensi percepiscono, costituiscono una sorta di impronta, un marchio che la nostra memoria ricorderà con emozione durante tutto il corso dell’ esistenza.(…) Io sono nato ad Olevano, in Via Pio cassetta, breve strada pianeggiante che sta sotto la Chiesa di Santa Margherita, nella marea di scalini, viuzze e tetti dell’antico borgo. (…) La coltura della vite e dell’ulivo erano l’attività principale, ed ad esse facevano da corollario tutta una serie di attività artigianali connesse. Il vecchio borgo, quindi, accoglieva da secoli botteghe di calzolai, sarti, barbieri, fabbri, maniscalchi, falegnami, bottai, che con i loro rumori, odori, colori, costituivano una sorta di sottofondo audio olfattivo che accompagnava il corso di ogni giornata. Almeno cinque o sei forni pubblici erano disseminati all’interno del borgo, uno di questi, situato sotto la stanza dove sono nato, era di proprietà di mio nonno. Essi erano perennemente accesi e dalle loro bocche entrava ed usciva di tutto, dalla miserabile focaccia di polenta agli arrosti e ai dolci, e alle leccornie varie dei giorni di festa e di cerimonia. Un capitolo a parte le cantine, erano decine, anzi molte decine, i loro odori e i loro rumori erano una specie di calendario che segnava il trascorrere dei giorni, dei mesi, dell’anno. (…) Questo insomma è ‘ggliò Paese mè’ "

Un dipinto del pittore tedesco Julius SCHNORR VON CAROLSFELD (1794-1872) raffigurante Olevano

 

Paese me’

Paese me’, che stà sopra a ‘sse morre

Baciato da ‘ggliò Sole e dalla Luna

Me stà ficcato ‘n petto a tutte l’ore

Ste pietre arreconoscio una a una!

‘Gni vicolo, ‘gni piazza, ‘gni cantone

Co ggliò profumo fresco dello pane

I tocchi de campana della sera

Cerasa, canti, fiuri a primavera

Lo State longa e calla, le cecale

Jo ‘mmerno co lo freddo e la paura

I giochi da bardasso, sassi, scale!

Antiche mura, addò so riso e pianto

Addò ci tengo casema, l’oglio, lo vino

E gli Morti a camposanto.

 

Paese mio, luogo incantato poggiato sulla roccia, tu stai sempre nel mio cuore e nella mia mente, riconosco a memoria ogni tua pietra, ogni vicolo, ogni angolo, ogni piazza.

Ricordo il profumo del pane appena sfornato, i rintocchi della campana al vespro, i frutti, i canti, i fiori della Primavera.

Ricordo l’Estate, lunga e calda, i giochi da ragazzo, il canto delle cicale, e gli inverni intimi, freddi e paurosi.

Mura antiche a me care dentro le quali ho gioito e sofferto, dove ho casa mia, i prodotti della mia terra, i miei morti, le mie radici ed i miei ricordi.

Contiamo di pubblicare altri versi nei prossimi numeri della nostra rivista.

R.M.