Campioni dello Sport,

Pubblicità e Chiacchiere!

 

 

Quello che abbiamo scritto a “sei mani” non è un articolo tradizionale, bensì il risultato di alcuni scambi telefonici e telematici che ha preso la forma di una sorta di piccolo saggio avente come oggetto il rapporto tra gli sportivi celebri ed il mondo della pubblicità. Oggi è normalissimo che i “campioni” appaiano in televisione a reclamizzare i prodotti più vari, in cambio di cospicui assegni, ma negli anni ’60 non era così.

Si parlava dell’argomento con Ferdinando, e la prima citazione che ci venne in mente fu la leggendaria “Ovomaltina”, una sorta di cacao più denso e dolciastro; per rinfrescare la memoria a chi non la ricordasse, stiamo parlando di una famosa bevanda svizzera a base di malto d'orzo, latte scremato, cacao, uova e lievito, messa in produzione e commercio tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900.

Pur presente in Italia già da qualche anno, fu verso la fine degli anni ’60 che il prodotto elvetico venne lanciato con una campagna pubblicitaria molto intensa e le celebri scatole arancione cominciarono a fare bella vista sugli scaffali dei negozi alimentari.

Naturalmente la pubblicità del prodotto, oltre che sulle pagine di fumetti e riviste, era affidata ai proverbiali “mini film” di Carosello, la trasmissione più vista dagli italiani, soprattutto dai ragazzi.

Gli “spot”, come si chiamerebbero oggigiorno, vennero girati con dei Campioni sportivi come protagonisti principali; ad essi era affidato il semplice compito di dire la celeberrima frase “Ovomaltina dà forza!” al termine di un filmato che li ritraeva in scene agonistiche e private.

Il criterio con cui venivano scelti questi noti campioni dell'epoca restano a tuttoggi un mistero.

 

 

Ce ne erano di famosissimi e di meno gloriosi, italiani e stranieri, aventi in comune la curiosa difficoltà nel pronunciare quella frase finale (qualche buontempone su internet ha scritto che forse si trattava di un effetto collaterale dell'Ovomaltina!); lo slogan suonava più o meno così:

''Oovomattina daà fozza!!!''

Ricordiamo alcuni di questi campioni.

 

Rudy Altig

 

Il primo che mi è venuto alla memoria è stato il ciclista tedesco Rudy Altig, detto il toro di Mannheim, classe 1937, Campione del Mondo su strada sul circuito di casa del Nurburgring nel 1966.

Gustavo Thoeni, super campione di sci, con la sua pronuncia esilarante.

 

Gustavo Thoeni

 

Quindi il tuffatore Klaus Di Biasi, scelto probabilmente anche per la sua avvenenza.

 

Un altro campione straniero, tornato alla mente a Ferdi, è lo sfortunato centravanti del Levski Sofia e della nazionale bulgara, Georgi Asparukov, che palleggiava indossando una palleggiava con una tuta old-style, di quelle senza sponsor, grigie, che oggi non indosserebbe neanche un pensionato per fare i lavoretti di casa.

A questo punto si inserisce l’intervento di Luigi che, rispondendo alla nostra sollecitazione sull’argomento, non trova tracce nella memoria sulla pubblicità dell’Ovomaltina, ma su altri aspetti, tra cui un ricordo di Asparukov. Ecco il testo della sua e-mail:

Carissimi, non so ricollegare alcun nome di sportivo alla specifica reclame della mitica OVOMALTINA. Comunque posso rievocare un Ivano BORDON, avviato al termine della sua carriera, impegnato nella pubblicità delle scarpe "Canguro". Ricordo come il calciatore recitava la frase mentre firmava un autografo al bambino che lo riconosceva:
"Hei, guarda, ma c´e´ Bordon!!!!!" E l´Ivanone, un pò compiaciuto ed un pò scocciato, poneva la sua firma sul foglietto che il bimbo gli porgeva dicendo rivolto alla telecamera: "Per il mio tempo libero uso scarpe Canguro". Nella mia mente io sostituivo Bordon con Masciocchi (nostro compagno di liceo, mitico portiere della sezione H del Liceo Classico Augusto, n.d.r.) ed il suo stridulo timbro di voce. Onestamente altri nomi, almeno mentre scrivo, non ne ricordo.

In tempi più recenti (ma non troppo) una diecina di anni fa, un certo Ronaldo scorrazzava con la pianta dei piedi trasformata in pneumatico!

Quanto ad Asparukov....

Ricordo un Milan-Levsky 5:1, due Italia-Bulgaria, a Torino ed a Napoli finite rispettivamente 0:0 e 2:0.

Nella prima partita contro l´Italia, il Gheorghi (o Georgi, nella dizione originale, che sarebbe Georgi Asparuhov, n.d.r.) era marcato dal torinista Puja; nella seconda, Pierino Prati, nell´insaccare uno dei due goals mandò il portierone bulgaro Simeonov praticamente ad impigliarsi con le braccia in fondo alla rete, nel vano tentativo di respingere il colpo di testa dell’attaccante azzurro del Milan.

Altro vestiario, altre tute....

Ricordo una foto di Gheorghi Asparukov su un numero de "L´Intrepido" del 1970 (alla vigilia della convocazione per quei mondiali) ove il centravanti bulgaro indossava una maglietta bianca con il colletto a V, calzoncini viola e calzettoni grigi....

 

 

Oggi so, da un mio assistito, marito di una bulgara, che il figlio, di Asparukov, nato poco prima della tragica scomparsa del calciatore, fa il commentatore sportivo per la TV Bulgara e che Gheorghi e´ morto sulla strada di campagna dove la signora bulgara possiede una villetta....

Per tornare alle reclami con i calciatori, ricordo Oliver Bierhoff che diceva "perche´ io valgo"....

Sempre viva Asparukov!!!!

Stateve bbone. Luiggine.

 

Georgi Asparukov

(4 maggio 1943-30 giugno 1971)

 

A completare l’encomiabile intervento di Luigi (Probbo, dottore di professione, articolista dell’Eco per diletto, o viceversa) aggiungiamo un simpatico aneddoto riguardante il compianto centravanti bulgaro, al funerale del quale, è doveroso ricordarlo, parteciparono 550.000 persone.

Una sua frase famosa fu dunque quella rivolta ad alcuni giovani tifosi del Milan, che dopo averlo visto giocare contro i rossoneri, lo invitavano a trasferirsi a Milano. Egli rispose: “C’è una nazione chiamata Bulgaria, e in questa nazione c’è una squadra che si chiama Levski Sofia. Voi forse non l’avete sentita nominare, ma io sono nato lì e morirò lì”. Purtroppo per lui, le sue parole risultarono tremendamente profetiche di lì a poco.

Termina qui questo pout pourry di ricordi d’altri tempi.

 

A cura di Riccardo, Ferdinando e Luigi