Una poesia risorgimentale

 

Orazio Manente invita il popolo dell’Eco di Roccasecca a riscoprire una poesia di stampo patriottico, opera di un giovane studente dell'Università di Torino, Domenico Carbone, intitolata “Sono Italiano”.

 

Sono Italiano

 

- Giovanettino dalla bruna chioma
il tuo loco natal come si noma?
- Io sono nato, o forestier cortese
nel paese più bel d'ogni paese.
S'io chieggo a te della nativa terra,
rispondi: io son di Francia o d'Inghilterra.
Fiorenza è bella, Napoli t'ammalia;
Torino è forte e dappertutto è Italia.
Se vuoi saper se nacqui in monte o in piano,
Sono italiano.

- Giovanottin dalla pupilla nera
qual'è il colore della tua bandiera?
- Se una rosa vermiglia e un gelsomino
a una foglia d'allor metti vicino
i tre colori avrai più cari e belli
a noi che in quei ci conosciam fratelli;
i tre colori avrai che fremer fanno
l’insanguinato imperator tiranno.
(in altre fonti trovasi questi due ultimi versi nel seguente modo:

“i tre colori avrai che più detesta
l'augel grifagno dalla doppia testa”)

Beato il dì che li vedrà Milano;
Sono italiano.

 

- Giovanottin dalla dolce favella
dimmi dunque il tuo re come s'appella?
- Tutti una patria abbiamo e tutti un dio;
dal Tebro a tutti benedice Pio.
Dell'Arno là sulle rive leggiadre
sto Leopoldo, più che duca padre.
Tardi Fernando si batte la guancia
Alberto aguzza la terribil lancia.
Biscia e leone cacceran l'estrano;
Sono italiano.

- Giovanettin sì fieramente armato
tu se' giovane e se' soldato?
- Soldato no, son cittadino in armi;
sarò soldato quando udrò chiamarmi.
Che giovin son, ma profondo io fero
vedran le file del predon straniero.
Dunque ripeti o forestier cortese,
quando ritornerai nel tuo paese
che di bandiera, di animo e di mano
Sono italiano.

 

Ricordiamo che Domenico Carbone sotto l'impulso dello sdegno provocato dalla repressione poliziesca del 10 ottobre 1847, scrisse al sovrano Carlo Alberto di Savoia la famosa satira intitolata

 

"Re Tentenna"

"In diebus illis c'era in Italia,
Narra una vecchia gran pergamena,
Un re che andava fin dalla balia,
Pazzo pel giuoco dell'altalena.
Caso assai raro nei re l'estimo,
E fu chiamato Tentenna primo.
Or lo ninnava Biagio, or Martino;
Ma l'uno in fretta, l'altro adagino,
E il re diceva: in fretta, adagio
Bravo, Martino; benone, Biagio.
Ciondola, dondola,
Che cosa amena,
Dondola, ciondola, È l'altalena.
Un po' più celere,
Meno ...., di più....
Ciondola, dondola,
E su e giù.

Pagina a cura di Orazio Manente