Auguri e ringraziamenti

 

 

Cari amici dell’Eco, un altro anno è passato, recando con sé eventi buoni e meno buoni, e, come sempre, cercheremo di cancellare questi ultimi e di tener desta la memoria dei primi.

Il 2007 ha portato anche altri 5 numeri de L’Eco di Roccasecca, giunto alle soglie del 13° anno di vita, traguardo ragguardevole per chi si basa unicamente sull’ispirazione, la dedizione e l’entusiasmo di un gruppo di amici a cui nel 1996 venne in mente di voler “fermare” su carta, perché non andassero perduti per sempre, ricordi, esperienze, immagini, fantasie, sensazioni di vario genere e … stile.

In questi 12 anni si è stabilizzato un gruppo di fedelissimi a cui va il ringraziamento unanime, nostro e delle legioni di lettori: innanzitutto Gianfranco “Gigio” Molle, senza il quale non sarebbe stato possibile far conoscere l’Eco nel mondo – grazie al sito internet – ed ancor di più in tutta la Ciociaria, dove ha curato una diffusione capillare, persino in paesi lontani come San Donato e Casalvieri; e poi Ferdinando Vicini e Gianni Sarro, puntuali come un orologio svizzero (di quelli a carica, infatti talvolta vanno “caricati” per evitare che si fermino); e i due esimi dottori e professori “senza età” le cui penne corrono sui fogli incessantemente e proficuamente, parlo naturalmente di Orazio Manente e Mario Izzi!

 

Anche se non scrive più molto, Carlo Della Torre ci ha consegnato tanto di quel materiale (scritto e “tramandato oralmente”) negli anni precedenti, da garantire a tutti noi pagine dialettali per lungo tempo ancora. L’impareggiabile Dottor Luigi Probbo non ci fa mancare i suoi arguti interventi, spesso conditi da bizzarre immagini, ma dietro i suoi ilari racconti si cela sempre una morale che genera riflessioni benigne per lo spirito e per il corpo; ancora, Fernando Riccardi, che se solo fosse meno “tirato” potrebbe vantare un posto “fisso” con le sue ricostruzioni storiche di livello sempre eccellente; Franco Nardi, reporter e fotoreporter dalle mille intuizioni; Angelo Scienziato, l’uomo che fluttua da un continente all’altro e che plana su Roccasecca alla guida di improbabili veicoli non sempre omologati dalle normative europee, aggiunge un pizzico di sana follia con le sue storie che pur nella loro apparente comicità inducono a riflessioni filosofiche di assoluta grandezza; buon ultimo Vincenzo Lorino, figura imprescindibile dell’Eco, colui che scrive poco ma resta fonte continua di ispirazione e sostegno per tutti noi.

 

 

C’è poi tutta una ciurma di amici che hanno collaborato e collaborano per così dire pro tempore, alla rinfusa, alla “quando je va”, elargendo contributi con estrema parsimonia, chi per ispirazione incostante, chi per timidezza, chi per inveterata pigrizia, chi per scelta di vita.

 

E pensare che quando hanno scritto gli apprezzamenti non son mancati, a livello nazionale, internazionale e perfino ciociaro! Parliamo di personaggi quali Carlo Ielo, Roberto Molle, Silvio Zincone, Giuseppe Martini, Fabrizio Di Cioccio, Paola Gobbetti, Miria, Mario Milan, Mario Trapper, e, non ultimi, le Edizioni Abba The Koll, al secolo Celestino Abbatecola e signora (Maria Rita) che per un periodo illuminarono l’Eco con epici contributi brillanti di luce propria!

Non vogliamo certo dimenticare quegli amici, che collaboratori in senso stretto non sono ma che, grazie alle loro fulgide opere di poesia e musica, hanno fornito all’Eco l’opportunità di far condividere i loro versi ad una moltitudine di lettori (spesso invitati ad acquistare – accattare – tali opere, n.d.r.): Fulvio Cocuzzo, Aldo Iorio e Romano Filancia.

E proprio con dei versi dedicati all’Inverno da Fulvio Cocuzzo chiudiamo questo numero natalizio dell’Eco. Buon Natale dal Direttore e dalla redazione.

 

 

 

Mmierne  (monorima di dodecasillabi)

 

Quande affila glie viente pe le sportera

Quande l’aria se nghiomma e dall’irottera

A riente fore sbucane le lopera

Quande na neve lenta mbianca l’ortera

Quande glie ciele scionna l’acqua a secchiera

E l’abbalenza atterra alle chennottera

Quiss’é glie Mmierne. E spassa pe le morera

Ne fridde tuoste che te va alle tegnera

Allora é tiempe de spaccà le ciocchera

E d’agghefuarse a remerià le fochera

A ncuceniarse cosse e ilarse corera

Biate allora a chi appese té presottera

E alla cantina dameggiane e vottera

De vine tuoste che te dà a vervottera

E che cala cuntiente pe le corpera

Ma chi n’té manche deglie uocchie le coppera

Chi n’té solde annascuoste alle cavotera

Chi n’adopra mandile e tavelenera

Ca cena che na gliva e che ddu ficura

Chi n’testa ce se ielane le pocera

Pe chiglie scì c’arrivane le vaira

Glie vire ì rameggenne pe le poira

Cuglienne de nzalata poche felera

Ma a forza de cebbiarse a erve e cecera

Ce s’iave fatte le verella a annorera

Fume n’ce vire scì dalle camenera

Ca iave già appecciate seggie e stepera

E avoglia a irse a fecchià sotte alle lettera

A nfeliarse cammisce e cavesonera

Le fridde resce a ntrà pe mille boscera

E te freca aglie ioche che tre froscera:

Sbianca le recchie, arroscia le inocchiera

E fa ielà le sangue pe le pozera .

 

 

 

 

Foto: presepe del Direttore, edizione 2007