Memorie e ricordi di Caprile . . . e oltre (Quinta puntata)   di Roberto Matassa (foto dell'autore eccetto ove indicato) Il mio primo lavoro  Dopo aver lasciato la scuola Flavio Gioia cominciai a farmi i conti su cosa dovevo fare e come arrangiarmi, per lo meno  per non essere di peso alla famiglia. Vivevo di speranze e fantasie e quando uscivo la mattina cercavo altri orizzonti,  leggevo gli annunci "cercasi questo o quello" ,poi finivo sempre per farmi un'affacciata al Duomo per invocare le mie  speranze a San Gennaro, alla fine all'ufficio di collocamento, poche porte appresso, ma San Gennaro di me non  sembrava volerne sapere! La parola manovale io la interpretavo come manuale incalcinato oppure contadino come ultima risorsa, ed era proprio  quello in offerta! E per questa interpretazione non facevo nessuna domanda per emigrare anche perché c'era l'obbligo  del servizio militare. Ma dopo tutto nella mia famiglia non stavamo tanto male e io non ero un manovale. A Napoli  c'erano solo industrie artigianali e di servizi pubblici. Lavoravano molto i guantai, anzi le guantaie,  perché era importante avere un paio di guanti e anche se non faceva  freddo, era bene averne un paio a portata di mano per fare bella figura, era la moda! Gli uomini potevano anche fare  altri tipi di lavoretti sempre nell'artigianato. E trovai qualcosa.    Conoscevamo il signor Paolo, che aveva una piccola industria di medagliette, santarelli e madonnelle, collane a tema  religioso, e stava proprio vicino casa, in un "basso" . Però non bisognava avere pretese e diritti sindacali, diciamo che ci arrangiavamo. Là dentro lavoravano una mezza  dozzina di donne, due anziane sulla quarantina e altre quattro molto più giovani. Non vi dico quante madonne stampavo  con la pressa e le ragazze le allacciavano poi ogni due o tre giorni. Il sig. Paolo mi mandava a consegnare questa merce  ai negozi di San Gregorio Armeno ed il resto di Spaccanapoli figuratevi quella merce che io trasportavo in scatole di  scarpe! Questo lavoretto mi andava bene perché    guadagnavo abbastanza per vestirmi e "galleggiare" discretamente.  Ma lì dentro le ragazze più piccole mi dicevano continuamente "e tu nun o tiene?" Io imbarazzato non sapevo cosa  rispondere, ed anche le donne più anziane si dilettavano con queste insinuazioni. Lo dissi al signor Paolo e lui mi suggerì  addirittura "togliti il pantalone e vedrai che la finiscono una volta per sempre!" .  Per fortuna la più appiccicosa non  diceva mai niente. La chiamerò NN, un nome molto comune a Napoli in quell'epoca. Era da tempo che uscivamo a  passeggiare, e che passeggiate, lei scendeva da Via Mater Dei e io dalla strada di fronte, si camminava  distaccati dal  marciapiede fino a Capodimonte per non farci vedere, visto che suo padre era un capaccione e mi avrebbe preso a calci.  Più su ci davamo la mano, ma se vedevo che portava il fratellino antipatico non ci andavo affatto...   La destinazione era sempre la stessa, il Bosco Reale di Capodimonte ... Figlioli, quanto era romantico quel bosco! Era un periodo che fra Roccasecca e Napoli si viaggiava bene perché la compagnia di autobus ZEPPIERI ci portava  proprio a Caprile. E non c'era più tanto distacco col paese, escursioni a monte Faito e viaggetti a Pompei e tanta gioia in  famiglia e se era estate c'erano tante opportunità. A gennaio del 1949 mi arrivò una cartolina dalla Capitaneria di Porto di Napoli per presentarmi per essere arruolato in  marina. Incontrai la NN per l'ultima volta prima di partire e lei mi infastidì dicendomi "ah sì, ora tu te ne vai e io come  faccio da sola, i marinai hanno una ragazza in ogni porto…" , come per dirmi che me ne lavavo le mani.  Mi dispiacque  anche per come era rimasta male mia madre e siccome il treno per Taranto partiva di sera chiesi di lasciarmi andare da  solo. La destinazione fu una grande caserma della marina a Taranto. Per cominciare mi fecero una siringa anti tetano,  che era come una banana … che non e' facile dimenticare! Poi si capisce un tirocinio di scoppiettate in un posto poco  distante da Taranto e marce dopo marce con una carabina che pesava tanto. Il 25 di gennaio, giorno del mio  compleanno, vent'anni, ci fu il giuramento E PER L'ITALIA HIP HIP HURRA!.   La categoria che mi diedero fu fuochista navale, mi sarebbe stato più utile motorista navale, ma bisognava frequentare  corsi speciali. Mi mandarono a La Spezia dove mi imbarcai sul cacciatorpediniere Grecale. Non mi sembrava vero in quanto significava  viaggiare ed era proprio quello che volevo, ma pensavo sempre al futuro perché si trattava di circa tre anni senza paga  e ancora non sapevo cosa avrei imparato. Pensavo che questa esperienza nella marina mi poteva valere punteggio per  una domanda per la marina mercantile o anche per la Finanza di mare.   Il cacciatorpediniere Grecale, anni 30 (foto da internet) A La Spezia una gratificazione l'ebbi quando vidi un annuncio pubblico che la banda della polizia di Stato avrebbe  suonato in piazza. C'era un Caprilotto, PEPPINELLO il figlio di Benigno e Cicilia, che suonava il clarinetto nella banda.  Non mi ricordo se era veterano della banda di Roccasecca; figuratevi che piacere ebbi nel rivederlo. Alla fine suonarono  Capriccio Italiano  e ci salutammo calorosamente. La nave Grecale aveva una storia valorosa per le operazioni di guerra e parte dell'equipaggio ne aveva avuto esperienze.  A La Spezia era sotto ristrutturazione e vi fu istallato il primo RADAR della marina Italiana; quest'ultimo strumento  l'aveva già la marina Inglese e ci costò tanti guai perché potevano individuarci molto prima e così erano ben preparati  ad attaccarci. Dopo tante manovre nel Mar Ligure si doveva partire per la crociera. Io mi sentivo per la prima volta utile a qualche  cosa. Certo dovevo subire ore e ore di turno nella parte più profonda della nave con i bruciatori della nafta pesante, con  odori sgradevoli e un rumore infernale; si faceva fatica a percepire i comandi dalla plancia, " avanti … adagio" etc., e  anche un poco di mal di mare di tanto in tanto si faceva sentire. Con un'altro sotto ufficiale insieme a me c'era anche  Esposito, un napoletano che mormorava sempre "MADONNA MIA" e non riusciva a sopportare il mal di mare.   Quando uscimmo fuori da un turno di notte all'aria fresca gli dissi "che razza di napoletano sei, vieni da una città di  mare, pensavo che te la saresti cavata meglio di me, non ti vergogni?" E lui mi rispose "perché tu da dove vieni?" ed io  "sono Ciociaro!" Al che lui esclamò "E addo' sta' stu' paese?"  Una prima sosta fu a Porto Ferraio, all'isola D'Elba. Durante quella sosta vidi tanti bei posti e soprattutto la residenza di  Napoleone. Poi per diversi giorni navigando e facendo manovre a Est e Ovest della Sicilia e in altri porti e anche prove di  fuoco, ci fu una sosta a Brindisi Poi risalimmo l'Adriatico, Bari, Ancona e ogni volta che si entrava in porto c'erano le  dovute cerimonie di fischi.  La visita più importante per me fu l'entrata all'alba nella laguna di Venezia. Che spettacolo le cupole e i campanili e tutto  intorno i colori dorati del sole mattutino! Poi l'incanto si spezzò perché facendo la manovra di approdo alla banchina di  fronte alla chiesa della Salute, la nave non si arrestò in tempo, ci fu uno scossone enorme e la poppa si danneggiò. Però  io ora dico che non tutti i mali vengono per nuocere perché dovemmo ritirarci nell'Arsenale per riparare i danni. Così  Venezia fu tutta mia per giorni e giorni e me la godetti tutta girando in lungo e in largo. Giravamo sempre insieme in tre  in libera uscita, io, il palermitano Pisciotta e Ballarin di Chioggia. Devo precisare che non e' vero che in ogni porto si  trova una ragazza, perché o non si vedevano o non volevano saperne niente, ne avevano avuto abbastanza di militari, la  guerra era finita da poco. Ci dissero che se volevamo andare a ballare, dovevamo andare in un paese chiamato Merano  non tanto lontano da Venezia; non ci pensammo due volte e passammo ore spensierate all'aperto in campagna, a  ballare e le nostre divise blu si imbrattarono di polvere e alla fine sembravamo tanti panettieri! Un incontro eccezionale  avvenne un giorno mentre mi trovavo all'inizio del Canal Grande.   C'era tanta gente eccitata, stava entrando a Venezia trionfante il nuovo Patriarca che un giorno sarebbe diventato il   Papa Buono.   Ma a Venezia avevo anche un'altra curiosità da soddisfare: vedere la cintura di castità di cui avevo sentito parlare tanto,  che si trovava nel museo nel palazzo dei Dogi. Rimasi in contemplazione, tanto che il curatore della mostra mi si  avvicinò e mi chiese che ne pensavo; per tutta risposta gli chiesi se c'era anche quella per gli uomini! Lui rispose senza  esitazione: "si, la museruola per i cani!"  Meno male che durante questa sosta forzata avevo imparato tanto della gloria di questa grande città. Poi il Grecale partì  di nuovo per altre manovre nell'Adriatico fino a tornare alla base di La Spezia. Quindi mi trasferirono di nuovo a Taranto,  questa volta come pompiere, su un mezzo veloce di soccorso per alto mare. Ma i guai cominciarono quando durante il  viaggio di trasferimento a Taranto, invece di andare con il treno via Formia, scelsi l'alternativa via Cassino e addirittura  mi fermai anche a Napoli (mancavo da tanti mesi da casa figuratevi) naturalmente senza permesso di sosta. Non dissi  nulla a mio padre, sapevo che avrei dovuto affrontare e giustificare tutto all'ufficiale incaricato. Che guaio, finì che mi  mandarono direttamente alle prigioni militari al Castello sotto il Ponte Girevole per due settimane. Dopo la prima  settimana di sofferenza ottenni la "promozione" per buon comportamento  a lavare le latrine del carcere. Taranto, il Ponte girevole, cartolina Dovetti abituarmi a quel battello dei pompieri sempre pronti a ogni emergenza in alto mare, soprattutto di notte. In  questa benedetta città di Taranto si diceva che c'erano 18.000 marinai, figurarsi come ci guardavano i cittadini!   Taranto - Corso Umberto e Chiesa di S. Pasquale Vidi ancora un manifesto che informava su un concerto della banda della Polizia di Stato, così ci andai e incontrai di  nuovo Peppinello e un'altro amico, Emiliano. Finito, il concerto con " Capriccio Italiano" ci salutammo ma mi sentivo un  poco esuberante, anche se avevo bevuto solo un bicchiere di vino, e non so cosa mi disse la testa, salii sulla pedana  spartitraffico a imitare il lavoro del poliziotto. Un uomo in borghese dal marciapiede mi invitava a scendere,  immaginando che fossi un po' "fuori di testa" ma io lo mandai a quel paese … per scoprire subito che si trattava di un  funzionario della polizia militare in borghese. Mi disse che ciò che stavo facendo era una vergogna per la divisa che indossavo: conclusione, fui mandato di nuovo in  quella brutta prigione del castello sotto il Ponte girevole per altre due settimane. Un sottoufficiale mi riconobbe e mi  disse: "che ci vuoi venire ad abitare qui dentro?"  Tuttavia quella vita di marina era entrata nella mia vita, ne apprezzavo il cameratismo e mi trovavo bene con gli ufficiali,  che erano impeccabili e mi guardavano sempre con simpatia. Ma quasi dopo tre anni venne il congedo.  Mia madre fu contenta di rivedermi e mi disse di non lasciarla più perché io ero l'unico che no gli avevo dato tanti  problemi durante la crescita però la avevo lasciata prima a Roccasecca per la guerra e poi per il servizio in marina.   La prefettura e S. Elmo a Napoli Tornato a Napoli ritrovai i miei buoni amici e naturalmente mi ritrovai con la "NN" , che cominciò a lagnarsi che l'avevo  trascurata e che i marinai ne hanno una in ogni porto e che "hai rotto la pignata e te la sei squagliata".   Questo modo di reagire mi insospettì e mi diede l'ispirazione di barare, dicendole che avevo saputo tutto di quello che  aveva fatto durante la mia assenza. Incredibilmente questo bluff la fece cadere in trappola!   Con una certa rabbia e strafottenza lei mi rispose "che ti credevi che io stavo ad aspettare proprio a te?" Accipicchia  quanta fedeltà! E pensare che non avevo frequentato nessuna ragazza per tre anni e probabilmente se fossi stato in un  convento sarebbe stato lo stesso.    I Faraglioni Subito dopo il congedo mi diedi da fare per provare ad entrare nella marina mercantile, ma presto mi accorsi che  esistevano dei "privilegiati" che venivano prescelti, come quelli delle isole, da Ischia a Ponza, o quelli della Costiera.  Anche il tentativo con la Finanza andò a vuoto: alla mia domanda dopo tanto tempo risposero proprio come prevedevo:  "promosso e non ammesso per esuberanza di posti". Uno mi chiese se io "conoscessi qualcuno", ma io gli risposi che  conoscevo solo le sconfitte!  Per fortuna mio padre che era tanto apprezzato dove era impiegato, mi propose ai suoi padroni che mi presero come  autista privato, contributi di legge compresi. Erano giornate lunghissime dalle sette la mattina alle nove di sera, non era  un lavoro pesante, ma di lunghe attese e la sera dovevo rimettere le macchine in garage, una FIAT 1100 e una LANCIA  AURELIA, di cui avevo molta cura. Nei momenti in cui non dovevo guidare ero utilizzato come garzone ed anche come  verniciatore di inferriate ed altro. Ma quando c'era un'Opera al San Carlo allora tutto cambiava; in tali occasioni dovevo guidare l'Aurelia fin sotto il  porticato del teatro, con tanto di inchini, con la divisa ed il cappello per poi tornare ad Opera finita. Nell'attesa mi recavo  al teatro tipo cabaret Salone Margherita, sotto la galleria di fronte al San Carlo, dove sedevo sempre in prima fila e con  quella divisa mi sentivo rispettato, non sembravo un semplice autista.  C'era un'atmosfera unica in quel teatro pieno di fumo, con le classiche attrazioni dell'epoca, ossia il ventriloquo, i comici  di avanspettacolo e naturalmente le ballerine, a dir la verità piuttosto sfatte e avanti con gli anni. Insomma così passavo  il tempo. Cominciai a frequentare una nuova ragazza, "M", gioiosa e piena di energie, di origine sarda; mi accorsi presto che  faceva sul serio e io la vedevo come una "padrona" , appiccicosa, che voleva farmi fare tutto quello che diceva lei. Un  giorno mi disse che ci saremmo sicuramente sposati e poi addirittura andò a trovare mia madre portandole un mazzo di  fiori, per conquistarsela. Naturalmente mia madre fu ben impressionata e la considerava una ragazza tanto brava e  carina, ma io invece avevo paura e volevo solo scappare prima del tempo. Ogni volta che vedevo una donna col  pancione restavo terrorizzato.. A Napoli facevano presto ad incastrarti in famiglia anche in buona fede ed io cercavo qualcosa di più per il mio futuro.