L’Eco di Roccasecca
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Anno 17, n. 84		                                            Agosto 2012 Anno 17, n. 84		                                            Agosto 2012
VENITE CON ME Reportage su un viaggio in Australia Seconda parte – West Australia Testo di Roberto Matassa Foto di Roberto Matassa E’ passato un bel po’ di tempo, è ora di riportarvi con me per il giro dell’Australia.  Riflessioni, ricordi, incontri e sorprese sono tutte cose che hanno a che fare con quel  viaggio del 1980.  Da South Australia < Adelaide> Via Calder Road mi  fermai a Bendico a 150 kilometri da  Melbourne. Proprio in questa valle avvenne la corsa all’oro, circa nel 1850, avevo letto  della febbre dell’oro e lì mi fermai per un paio di ore per visitare il museo dell’oro. Poi, via  per Melbourne, la seconda città per grandezza dopo Sydney, molto tipica con  caratteristiche europee: i tram, l’architettura dei palazzi, l’ambiente ordinato e l’atmosfera  tutta nostrana. La guardavo come una città per una possibile emigrazione.   Devo confessare che con questo viaggio di tre mesi volevo proprio “scrutinare” tutti i  luoghi e le possibilità per una eventuale futura destinazione per stabilirmi qualche tempo.   Ero irrequieto, tante volte ho sentito dire che noi emigranti siamo come gli zingari sempre  in movimento!   Avevo lasciato Napoli nel novembre del 1954, per Bedford in Inghilterra lavorando in  questa città per cinque anni, poi la seconda emigrazione in Scozia nel 1960, quindi già  avevo alle spalle una discreta esperienza! Immaginate un poco questa tentazione che  cresceva irresistibile proprio li a Melbourne.   Pensavo a quello che dovevo lasciare in Scozia per quest’altro continente < DOWN-UNDER  > giù sotto al mondo per vivere in questa città così viva e piena di energie. Mi ero anche  assicurato dei lavori con la mia agenzia fotografica a North Sydney per allargare il campo  delle mie foto ai paesi del Sud Est Asiatico e del Pacifico, aspetto non da poco! Avevo tutte  le carte in tavola per poterlo fare perché’ volevo vendere il mio negozio fotografico a Fort  William in Scozia e mantenere la mia casa a Roccasecca; purtroppo ciò non avvenne, ma  dopo tutto ebbi altre possibilità e dovetti rassegnarmi a starmene in Scozia per ragioni di  famiglia.  Quindi, ammiravo Melbourne e la logistica dei tanti punti di interesse nello Stato di  Victoria. Il mio punto di riferimento era sempre al centro della città, Flinders Street Staion,  con una enorme facciata grande come St. Pancras a Londra.  Proprio di fronte a Flinders Street Station, stavo prendendo un bus per una escursione  pomeridiana per Phillip Island per osservare qualcosa di unico, ovvero “The Penguins  Parade” (La parata dei pinguini) .Si tratta di una scena tanto simpatica quando questi  pinguini rientrano la sera dall’Oceano, come una filastrocca e vederli salire ai margini della  costa e cercare la loro tana. Tra i passeggeri di quel Bus c’era un gruppo di pensionati che  facevano questa gita. Sotto sotto, sentivo un dialetto Veneto, poi quando ci siamo  conosciuti si sono dichiarati come tutti Istriani ormai in pensione. Australiani della terra  adottiva, tutti avevano una triste storia da raccontare, erano ex sfollati, e sopravvissuti  alle foibe e alle angherie di Tito, ne avevano viste di tutti colori!   L’ Australia “benedetta”, così la definivano, li aveva accolti dal 1946 in poi. Mi chiesero  perché in Italia ci sono  strade e Piazze dedicate ai capoccioni del PCI come P.T. e perché  tanti politici autorevoli non si erano fatti avanti per fermare quanto stava accadendo in  Istria! Lui – dicevano – il leader avrebbe potuto mitigare quella tragedia ma se ne fregò!  Perché non c’era una strada dedicata ai martiri Istriani? Ecco, questo era il pensiero di chi  si era sentito tradito dalla propria madre patria!  Tornando indietro nei miei anni, dopo che ritornai in famiglia dalla battaglia di Cassino,  quando passavo tra Capua e Caserta, ai laterali della Casilina o dell’Appia, c’erano già  campi di profughi di ogni nazionalità, allora avevo i miei quindici anni.   Da questa raccolta di profughi, gradualmente tanti venivano selezionati e avviati  all’emigrazione. Alcuni anni dopo mi dedicai alle ricerche per capire di più su quegli Istriani  che avevo conosciuto. Mi convinsi che di ragioni, per essere così delusi, ne avevano. In  quei giorni, dal 1945 in poi, mentre accadeva tutto questo, era in corso una maratona di  politici di eccellenza per salvare Trieste dalle ambizioni del Maresciallo Tito. E alla fine ci  strapparono mezza  Gorizia! Allora ancora si canticchiava < O Trieste o Trieste del mio  cuore > ritornello dei fanti della prima guerra mondiale. Giorni  tristissimi per noi Italiani!  Avrei tanto desiderato sostare di più a Melbourne perché’ alla fine mi dissero che c’era  anche una strada con tanti ristoranti Italiani che aprivano dopo le sette la sera! Ci passai   una serata splendida per una cena alla paesana, e chi se la dimentica!   Prima di allora guardavo i ristoranti che credevo Italiani, mentre poi scoprivo che erano …  Libanesi! Quello che descrivevano fuori non c’entrava nulla con quello che poi mettevano  nel piatto! Per esempio… le “lasagne” sembravano una polenta inquacchiata!!   Un Italiano mi disse che a Melbourne avevano la loro Chiesa e facevano le processioni e  che avevano il loro giornale < La Voce Degli Italiani>  e anche il loro Club. E anche un  camposanto quasi monumentale come fanno in Italia! Quindi mi sembrava di stare in  Italia! Qualche giorno dopo lasciai Melbourne confidente di ritornarci un giorno.   Passai per una cittadina chiamata Wagga Wagga nome aborigeno! Leggevo spesso di posti  esotici! Ammiravo con curiosità questi nomi di gergo tipico australiano; ve ne dico una,  durante il percorso, in una strada lunga, c’era una pizzeria chiamata <Pizza Splash> quasi  per chiamarla Pizzaccia! Mi sembrava un invito obbligato a entrare, se avevi fame, ma di  mala voglia! Poi più avanti <Body Work> (riparazioni del corpo…. ma… di automobile! …  era un garage). Poi il cancello appresso era quello dell’ospedale e per finire il cancello  appresso ancora, era l’entrata del cimitero! Quindi  tutta una tirata di servizi logistici! Io  me la ridevo da solo!  Canberra City: Bellissima! Nell’insieme tutta intorno al lago Griffin, molto moderna, una  capitale ufficiale in via di sviluppo. C’era tutto da ammirare, specialmente <The  Parliament> una lunga costruzione, dove era consentito entrare anche durante le sessioni  parlamentari.   The <National Monument> il loro equivalente del nostro Milite Ignoto! Un lungo viale era il  punto focale per questo monumento di guerra. Canberra è una delle città più temperate  dell’Australia con un clima veramente mite. Mi azzardai anche a una lunghissima  escursione turistica sul <Kosciusko National Park> sul monte più alto dell’Australia. C’era  anche un poco di neve e i passeggeri ne erano entusiasti! Bisogna capire che l’Australia è  un continente semitropicale.  Sempre come col Back-Rack (lo zaino) mi accingevo a lasciare anche Canberra e dicevo  tra me “so far so good” (fino ad ora tutto bene) ma cosa verrà appresso? NULLARBOR  deserto …Nullus …NULLA!  Veramente non me la sentivo di andare dall’altra parte del West Australia attraversando  questa lunga distanza con l’autobus su una strada malandata lungo la costa, circa 30 ore  di viaggio, una distanza come attraversare L’Europa da Parigi agli Urali. Questo Victoria  desert ha una storia particolare. Solo nel 1877 ci fu il primo collegamento telegrafico da  est a ovest, e anni dopo un collegamento stradale primitivo per Perth. Oggi si può ridere  perché si fa via treno in circa 24 ore. E questo treno è diventato una esclusività turistica,  con prenotazione obbligatoria, e, naturalmente, tutti i comfort. Lo chiamano il viaggio  classico  dell’Australia.   Ne avevo sofferto i due mesi precedenti, viaggiare in questi territori con scenari a secco  senza vedere un poco di verde. Ma la sofferenza, per me, veniva anche da altri aspetti:  sentite questa. In uno di questi trasferimenti via bus c’era la radio accesa; trasmettevano  il cricket, uno sport che Dio me ne liberi! E’ uno sport praticato prevalentemente in certi  paesi e specialmente nelle nazioni anglosassoni, le partite durano ore, vi assicuro che se  praticassero questo sport in Italia, tutti gli spettatori si addormenterebbero placidamente!  L’autista vedeva tutto dallo specchietto ed io dovevo forzatamente ascoltare questa  cantilena, anzi sembrava una nenia. Macchè nenia, era come le cicale d’estate.   Io stavo sui sedili posteriori e con un giornale piegato cercavo di uccidere le mosche che  s’erano avventurate attorno a me, l’autista mi disse di smetterla perché “se ne uccidi una  … cento vengono al funerale!” .Intanto lo sciopero dei piloti era finito, così andai  all’agenzia aerea dell’Anset dove fui accolto da un’impiegata grande e risoluta che mi  squadrò incuriosita, come fossi un vagabondo!   Mi disse che il volo per Perth costava 200 dollari australiani, io risposi che a quel prezzo ci  sarei andato da Londra a New York!   Lei si fece una risata e prese una pagina di plastica e mi fece notare che le distanze da  Canberra a Perth si avvicinava alla traversata dell’Atlantico! Quindi aveva ragione lei, e  così pagai quei 200 per Perth.  Il centro di Perth <The Mall> era gaio, addobbato con parati natalizi, con tantissimo  anticipo. Sapete, quando si vive Down Under si sognano sempre le tradizioni lasciate in  Europa. Nella strada principale primeggiava la pubblicità di un’esibizione su Pompei, nel  bene e nel male non sei mai lontano dall’Italia. La nostra storia è sempre presente in ogni  parte del mondo!   Fu proprio quel giorno che nel centro della città vidi apparire Norman, il Neozelandese che  viaggiava con me, ci eravamo separati ad Alice Spring e mi aveva promesso di rivederci a  Perth , io l’avevo quasi dimenticato. Norman mi disse che era arrivato pochi giorni prima e  che aveva preso sul serio uno spot sul giornale locale di “escort girl” che accettavano la  carta di credito … ha ha ha … io avevo tanto da ridere! Lui stava in un hotel al centro. Mi  portò in un lobby grandissimo pieno di vecchie machine da cucire SINGER spogliate dal  meccanismo ed usate come piccoli tavolini con due sedie.   Io chiesi di cosa si trattava. Norman mi spiegò che nel weekend dalle zone minerarie  scendevano i clienti con tanti soldi da spendere … e quelle belle figliole  pronte ad  abbordarli, chiamate Call Girls o Escort Girls! La mia sorpresa era che non sembravano  “del mestiere” venivano da altre cittadine, alcune erano addirittura studentesse, poi  quando andavano … e non sapeva niente nessuno. Chiesi a Norman se aveva “conosciuto”  queste “girls” e lui rispose: “sai Roberto, avevi ragione quando nel Queensland vaneggiavo  per mia moglie infedele, e mi  dicesti <trovatene un’altra che le donne sono tutte uguali>    Questo viaggio per dimenticare mi è stato di grande esperienza!”   Per me invece ci fu la sorpresa, leggendo il giornale <The Australian> in prima pagina ma  in basso, con pochissima rilevanza, c’era scritto “Terremoto in Italia 3000 morti”. Rimasi  male che una tragedia di tali dimensioni fosse ridotta ad un trafiletto in quella parte del  mondo! Era il 23 novembre 1980, terremoto in Irpinia.!   La compagnia di Norman mi fu utile, perché noleggiai un’auto per pochi giorni per scoprire  ancora altri posti come Geralton e The Kilbary National Park.   Avevo fatto un’altra esperienza vedendo,<l’harvest> ovvero la raccolta del grano.  Particolare curioso: in un campo infinito dove si vedevano all’orizzonte le trebbiatrici in  movimento, si notavano anche tanti topi gironzolare come nella fiaba del Pifferaio <The  Pied  Pipe Of Hamelin.> Lì c’era tanto da rosicchiare! Norman decise di tornare a casa in  New Zeland e ci lasciammo. Spiacenti perché’ questa volta era una separazione definitiva!  Avevo trovato un caro amico onesto, dignitoso e di tante buone qualità e l’avevo perso;  peccato che persi anche il suo indirizzo, l’avrei potuto rintracciare durante altri viaggi in  Oceania. Dopo averlo salutato riconsegnai l’auto noleggiata e ritornai ai miei viaggi con gli  autobus.  Quindi ormai solo mi avviai sulla strada del North West costeggiandola fino a Port Hedland,  fantasticando su cosa veniva appresso. Feci, una lunghissima notte di viaggio e quando  arrivai a Port Hedland mi si presentò davanti un posto da fantascienza, una zona  totalmente industriale, dove l’unica attività era l’imbarco di grandissime navi per il  trasporto di minerali. Avevo prenotato l’autobus per fermarmi in quel posto per qualche  giorno, non l‘avessi mai fatto!! Ora ero costretto a restare là fino all’all’arrivo di un altro  autobus, senza aver nulla da fare. Mamma mia quanta desolazione, non c’era niente per  me, avrei potuto scattare solo fotografie di aspetto industriale poco vendibili dalla mia  agenzia!   Mi trovavo in un enorme scenario invaso da una polvere rossastra che andava nell’aria  secondo dove tirava il vento, proveniente dai minerali  delle miniere all’aperto nel deserto,  destinati alla Korea del  Sud. Di operai se ne vedevano pochi  perché’ era stata creata una  automazione perfetta fino al porto di imbarco. L’hotel dove stavo era tutto imbrattato da  quella polvere rossastra.  Non avevo altro da fare se non “Mea Culpa” e aspettare perché  c’erano solo due autobus la settimana. Praticamente mi ero auto castigato. Cercai qualche  posto per ristoro, e mi dissero che l’unico locale esistente era gestito dai Cinesi fino a  tarda sera, ma dal momento che non avevano la licenza di vendere alcool, i clienti  portavano una grossa borsa con dentro ghiaccio e tante lattine di birra. Dopo poco erano  già mezzo ubriachi! Mi chiedevo dove ero andato a ficcarmi! In quel ristorante – che  sarebbe opportuno denominare “una bettola” entrò una donna, sembrava una matrona,  cominciò ad affondare le mani sulla tastiera di un pianoforte e suonava un walzer veloce a  tutto volume, come che qualcuno gli corresse appresso, ma non sapeva suonare e il bello  è che non se ne accorgeva nessuno! Mi venne vicino e mi disse < ti stai divertendo? > E  se dicevo di no, quella mi avrebbe preso a calci! Non ricordo neanche che cosa mangiai  ma di certo era cinese.   Un posto di ristoro in Australia: Fantazia (foto di Angelo Scienziato) Oziavo aspettando l’indomani, sperando che l’autobus arrivasse regolarmente; ero  inquieto perché qualcuno mi aveva parlato di possibili piogge tropicali con conseguente  allagamento della strada. L’ansia cresceva … Quest’ultimo viaggio nel Kimberley verso  Broome e poi Derby fu poco confortevole. Poi verso Kunnunurra facemmo una sosta in un  posto che loro chiamano Station; dovevamo rimanere là per poche ore mentre l’autista  andava a prendere altri passeggeri prima di ritornare sulla stessa strada. Il Kimberley è un  territorio particolare, con montagne rossastre e i colori che si intensificavano al tramonto.  Aspettando fuori del locale, all’ombra si sentiva il rumore di un generatore, c’erano tanti  clienti a bere birra; tutti belli e grossi con pancioni straordinari! Sembravano molto  spavaldi, ma li giudicai “guappi di cartone” gli Australiani fanno questa impressione.  Assistetti anche ad una scena quasi teatrale tra uno uomo e una donna che gridavano e si  insultavano a vicenda; litigavano seriamente, almeno così mi sembrava, tra l’indifferenza  generale. La cosa non mi sorprese affatto perché io queste scene le avevo viste nella mia  gioventù nei vicoletti di Napoli.  Da Kunnunura a Katherine fu tutta una tirata, e passai il tempo a riflettere su questa mia  personale “Via Crucis” che stava terminando. Ero indeciso se fermarmi Katherine o  continuare subito verso Darwin; a Katherine ci sarebbe stato tanto da vedere, ma ormai  avevo solo voglia di avvicinarmi all’ultima tappa, ero tanto stanco, così senza esitare decisi  di prendere l’autobus che veniva da Tennant Creek per Darwin. Tutti questi viaggi mi  avevano indurito fisicamente e mentalmente ero esaurito.  Arrivai a Darwin di mattina e c’erano alcuni viaggiatori con lo zainetto ad aspettare. Ne  avevo visti tanti di questi <Bak-pak> specialmente inglesi, scandinavi etc. , ma nessuno  italiano, generalmente in coppia; a questi giovani veniva concesso il visto per un anno  come studenti, ma per vitto e alloggio dovevano provvedere per conto proprio; li vedevo così  belli accoppiati e dovevano pur unire l’utile e il dilettevole!  Darwin è una città ricca di servizi e strutture, ma io la trovai ancora dopo il passaggio del  Ciclone Tracy di qualche tempo prima. Stavo bene all’Ostello della gioventù, vicino al  centro, ma di notte c’era un grosso problema; dovevo dormire con la porta sulla veranda  aperta per l’eccessivo calore, accendevo al massimo il ventilatore al soffitto, non solo per  la ventilazione ma perché era l’unico modo di non fare atterrare le zanzare che  sembravano mosconi! La mattina potevi venirne fuori come Nostro Signore! Una cantilena di ranocchie che non  la smettevano per tutta la notte, con la temperatura vicino a 40 gradi figuratevi un poco.  Nell’attesa del giorno della partenza (avevo provato ad anticipare il volo, ma non era stato  possibile) passavo il tempo nel supermercato perché c’era l’aria condizionata ed in  biblioteca dove lessi alcune interessanti storie dell’Australia. Alla fine trovai da fare  un’escursione interessante con 26 dollari australiani. Si trattava di visitare parte  dell’Arnnem Land, per vedere scenari selvaggi.   Prima l’esperienza di attraversare l’Adelaide River a vedere the <jumping cocrodiles>, poi  giù nella zona dove ci sono The <Termite mounts> Kakadu (Formicai di termiti) alti fino a  due metri! Ce n’erano diversi sparsi qua e là e poi addirittura altri tipi di formicai chiamati  < magnetic-ant-hill> perché si affacciavano  al nord.   Era uno scenario un poco squallido perché gli alberi erano  rimasti sfogliati dal ciclone.  Eravamo una diecina di passeggeri  tutti  incuriositi  mentre l’autista preparava   il<barbecue> cioè salsicce e grosse fette di pane bianco.   C’era anche un bel laghetto adeguato per un bagno; con noi c’erano solo due ragazze.   Poster con “sirena” (foto Angelo Scienziato) Una di loro si spogliò completamente nuda, di dietro, sembrava una grande bambola di  plastica, un Romano …de… Roma avrebbe detto < ammazza che bomba!> … piano piano  questa ragazza si immerse nel laghetto senza pensarci due volte, nessuno se ne  meravigliò, per loro la cosa era normale. Quando si girò all’altra parte, io che non sto mai  zitto, dissi sottovoce <eccola, la Venere di Urbino>! Un signore accanto a me disse “Hai  ragione”. Lui era venuto da Sydney con la moglie non solo per una gita, ma per fare degli  accertamenti scientifici su questi insetti, le  termiti, e su quei formicai alti quasi due metri;  era un etnologo, era parte dei suoi studi. Poi mi disse che ogni due anni con la moglie  visitavano l’Italia come per un obbligo, per acquisire ancora più  conoscenza della nostra  cultura, mentre io mi rammaricavo della mia conoscenza superficiale di quanto c’era in  Italia!   A Darwin mi fu proposto un locale che faceva cucina italiana; Il proprietario, un emigrante  calabrese, aveva fatto soldi da autista dei <Road Trains> (Treni delle strade), ed ora stava  provando a sfondare con questo ristorante.  C’era una finestrella all’interno del ristorante che dava sulla cucina, vi apparve una  vecchietta che evidentemente aveva capito che volevo qualche cosa di paesano (era la  madre del proprietario, venuta a trovare suo figlio ).   Mi disse “vuo mangià?” in dialetto calabrese “vabbè, ci penze io” Risposi ”fate voi signora”.  Credetemi, la pasta zite con una salsa piccante di ragù, poi le cotolette come solo mia  madre sapeva fare, un pasto che mi apparve divino! Alla fine si affacciò ancora da quella  finestrella  e mi disse “t’ha piaciute?”   Il giorno dopo, finalmente lasciai Darwin per Singapore, dopo tre mesi di esperienze  australiane.   Tre giorni a Singapore mi sarebbero bastati per fare sviluppare 200 rullini e comprarne  altri da portare con me al Marina Parade Shopping Centre; facevano un eccellente sviluppo  sul posto e non pagavo neanche l’IVA.  Con tantissime ore di volo per Dubai e poi Londra e poi Glasgow arrivai come un sacco di  patate. Ma l’eroe di questa storia era stata mia moglie che mi venne a prendere all’  aeroporto di Glasgow guidando su una  strada con neve e ghiaccio. Posso dire che era  stata sempre la stessa perfezionista. Che donna! Pochi  giorni dopo eravamo tutti a casa  per Natale.  Alla prossima puntata  Roberto Matassa Da Winchester, England, per l’Eco di Roccasecca