Sito Promozionale di Cultura del Basso Lazio dell' Associazione onlus PRETA Via Sotto le mura snc - 03041 Alvito (FR) p.i. 02194120602 CIOCIARI.COM   © pretaonlus 2000-2010 - ciociari @ pretaonlus.it
L’Eco di Roccasecca
Era arrivata per ultima affacciandosi col capo alla porta semiaperta dello studio medico dove tutti aspettavano il dottore che tardava.  Non aveva fretta, per lo meno non sembrava, anche se il suo aspetto non era certo quello di una persona che sta bene. Era alta, molto alta, e magra, molto magra, troppo magra. Indossava un paio di jeans un po’ consumati, una camicetta scura e un golf nero ed il suo petto non riusciva a riempire né quella camicetta né quel golf, nero appunto come i suoi capelli. Tutto il suo essere sembrava scheletrito e si distinguevano bene, purtroppo, le ossa delle spalle e delle scapole un po’ sporgenti. Stringeva il cuore vedere quelle scapole così sporgenti e le quelle ossa che si delineavano così distintamente sulla linea delle spalle. Aveva un volto esangue con occhiaie profonde sotto agli occhi neri, che aveva però belli anche se tristi, un po’ obliqui.  “Chi è l’ultimo?” aveva chiesto piano alle persone che aspettavano nella penombra dello studio, poi era tornata fuori sul ballatoio, al sole, forse a fumarsi una sigaretta. Chissà quale problema avrà questa ragazza pensai tra me e me e mi rituffai nella lettura del giornale aspettando pazientemente che il dottore arrivasse. Intanto la gente in attesa si stava innervosendo . Nella saletta c’era una informatrice scientifica, come oggi si chiamano i rappresentanti di medicinali, che controllava ogni trenta secondi l’orologio e con la stessa cadenza faceva una telefonata per riorganizzarsi la mattinata. Poi c’erano casalinghe e pensionati che si lamentavano del fatto che il dottore faceva sempre in quel modo rovinando loro mattinate piene di nulla. Qualcuno magari era venuto solo a controllare una pressione sanguigna che però il nervosismo gli stava facendo vertiginosamente salire.  Insomma tutta la varia umanità che normalmente popola gli studi medici di borgata. L’attesa prolungata aveva reso i volti sempre più tesi le voci più aspre e le espressioni, anche quelle più bonarie, pian piano si incattivivano. Questo accadeva a tutti tranne alla ragazza alta e magra che rimaneva semplicemente triste e sofferente. Intanto però era entrata nella sala ed in braccio aveva un bambino di neanche un anno. Bello pienotto e sorridente che sembrava l’immagine della salute ed avrebbe potuto reclamizzare con successo chissà quanti prodotti di alimenti per neonati. Era bello ed anche simpatico, faceva ciao a tutti con la manina e camminava piuttosto traballante nella sala di attesa dirigendosi verso chi rispondeva ai suoi saluti. Camminava traballante ma senza incertezze come uno che già sa cosa deve fare nella vita, e dove deve andare.  La mamma intanto si era seduta in un angolo e lo controllava a distanza mentre tutti avevano iniziato a sorridere al bambino. Era un momento tranquillo, di quelli che basta poco a creare ma anche a distruggere e ne approfittai per rimettermi a leggere.  Quando rialzai lo sguardo, però, qualcosa era cambiato e vidi che l’aveva preso in braccio e lo stava allattando. “Ma come farà mai una ragazza dal torace così incavato che sembra in fin di vita ad allattare questo torello?” pensai tra me e me. Ed invece era proprio quello che stava accadendo. Il bimbo col visino perso nelle pieghe di quel golfino nero poppava ritmicamente da quel seno inesistente e sembrava quasi che le sue succhiate togliessero alla mammagli ultimi barlumi di vita. Invece non era così. Il volto di lei aveva pian piano ripreso luce e sembrava che più il figlio bevesse più lei avesse da darne mentre lo guardava, adorante. Tutti intanto osservavano affascinati la scena antica e sempre nuova della mamma che offre se stessa al suo bambino e quando questi si staccò, ormai sazio, complimentarono con lei che lo guardava serena, ancora illuminata.  La rappresentante aveva per un attimo dimenticato i suoi appuntamenti, le casalinghe e i pensionati si erano acchetati e probabilmente anche la pressione dell’iperteso si era stabilizzata. Poi il dottore arrivò a far finire l’incanto e tutti un poco si dispiacquero pensando che stavolta, forse, aveva fatto troppo presto.    Renzo Marcuz                                                   4 aprile 2012
Anno 19, n. 92                                            Agosto 2014
Chi è l’ultimo? Cose che a volte ti aspettano in una sala d’aspetto
di Renzo Marcuz