Spiriti e spiritelli – Second parte (3)  La paura fa novanta!
Renzo Marcuz
Sito Promozionale di Cultura del Basso Lazio dell' Associazione onlus PRETA Via Sotto le mura snc - 03041 Alvito (FR) p.i. 02194120602 CIOCIARI.COM   © pretaonlus 2000-2010 - pretaonlus @ gmail.com   L’Eco di Roccasecca Anno 19, n. 94		                                           Dicembre 2014 Le case “spallate” Il termine spallato, e lo voglio dire per tutti, significa letteralmente fiacco, privo di forze e di energie e veniva usato per descrivere lo stato di mortale affaticamento degli animali da tiro o da soma al termine di una giornata di duro lavoro. Una giornata magari trascorsa salendo e scendendo ripidi e sdrucciolevoli viottoli di antichi borghi nostrani sotto il peso di enormi carichi.   Amici Marinesi, ma Marinesi doc, mi hanno raccontato infatti che in un passato neanche lontanissimo il raccolto della vendemmia veniva trasportato dai vigneti più lontani fino alle cantine più recondite del paese utilizzando un esercito di muli che salivano e scendevano per i vicoli sotto il peso di enormi bigonci fatti con lunghe doghe di rovere e cerchi in ferro. Pesantissimi anche vuoti. Ora, come molti sanno, Marino venne edificato anticamente su di uno sperone di roccia dove lo spazio era poco e quindi aveva vicoli stretti e pendenze notevoli. Figurarsi dunque che allegria per quei poveri muli che dovevano svolgere il proprio ingrato compito dall’alba al tramonto! Alla fine erano talmente stremati che si accasciavano sulle povere zampe. Gli stessi amici mi hanno anche raccontato che in qualche circostanza per farli riprendere, o rinsavire, i vecchi Marinesi fossero soliti accendere delle fascinette di legna sotto i fianchi di quei poveri animali che a quel punto, visto che era inutile sperare nella pietà   umana, si drizzavano sulle zampe scorticate lanciandosi con gli occhi fuori dalle orbite su per le salite o giù per le discese sdrucciolevoli. Magari fino alla morte. Ma non è dello spallamento animale che voglio parlare bensì di quello associabile ad oggetti, a cose inanimate,  che certamente non provano il dolore degli esseri viventi ma che non per questo suscitano impressioni meno drammatiche.  Nel dialetto roccaseccano lo stesso termine infatti, e questo lo voglio dire solo per i non Roccaseccani, significa letteralmente diroccato, semidistrutto, quasi abbattuto e veniva usato soprattutto per descrivere lo stato delle case che avevano subito le angherie della guerra e che ancora non erano state rabberciate o ricostruite.  Orbene a Roccasecca Scalo di case spallate ce n’erano diverse e tutte pressoché invase dai rovi ed dalle erbacce.  Anche davanti al Palazzone ce n’era una ed anche con questa le sensazioni che si provavano erano diverse a seconda che la considerasse di giorno o di notte.  Di giorno ci si andava a nascondere, a cogliere more o a caccia di lucertole. Avevano un bel dire, i nostri genitori, di non entrarci ché era pericoloso,  ci andavamo lo stesso irresistibilmente attratti, magari, da una lucertolina che faceva capoccella tra due mattoni sconnessi. E come le prendevamo queste lucertoline? Semplice, c’erano sempre dei lunghi fili d’erba a disposizione, un’erba particolare che cresce sui cigli delle strade e che ha, nella parte alta,  come tanti piccoli missiletti, di quelli che li tiravi via tutti insieme e li lanciavi sulla maglia di un amico per vedere quante volte si sarebbe maritato.	 	 Bene, tolti quei missiletti, il filo d’erba diventava ancora più filiforme, ci si faceva un cappietto e poi bastava attendere che la sventurata lucertolina ci ficcasse dentro il capo.   Questo, come ho appena detto, di giorno.  La notte la musica cambiava. Nessuno di noi ragazzini, infatti, osava avvicinarsi di notte alle case spallate, e qualcuno neanche osava guardarle. Sembra infatti che con il calar delle tenebre da quelle case provenissero strani scricchiolii, rumori di macerie smosse e, a volte, anche dei lamenti.  Magari sarà stato un gatto in amore a causare il tutto, ma l’effetto provocato era quello di una… grande preoccupazione.  Forse sarà stato per la coscienza sporca a causa delle povere lucertoline che avevamo tanto insidiato durante il giorno ma chi avrebbe potuto mai giurare che quei rumori, quei lamenti, non fossero stati dei richiami lanciati ad arte dall’anima in pena di qualche povero cristiano morto durante i bombardamenti? Qualcuno affermava addirittura di aver visto delle ombre muoversi furtivamente durante le notti di luna piena, ombre alte e scure che ad un tratto si fermavano e si voltavano a guardarti con i loro sottili occhi rossi. Altri avrebbero messo una mano sul fuoco asserendo che in quelle case c’erano gli spiriti con tanto di lenzuola bianche, catene e tutto l’armamentario.  Qualcun altro, infine, giurava e spergiurava di aver trovato una candela accesa poggiata di notte su di un muretto sbrecciato, quasi fosse un altare, senza riuscire mai a sapere chi ce l’avesse messa. Brrr, che paura!!! Quindi, per la solita prudenza… , alla larga, alla larga!  E l’antidoto, contro le case spallate?  All’epoca non è che ce ne fossero molti, oggi me ne viene in mente uno solo. Una ruspa ed un buon contratto con una ditta seria per tirarci su un bel fabbricatino in cemento armato, magari con tanti miniappartamenti. Poi si vedrà.