Spiriti e spiritelli – Seconda parte (2) La paura fa novanta!
Renzo Marcuz
Sito Promozionale di Cultura del Basso Lazio dell' Associazione onlus PRETA Via Sotto le mura snc - 03041 Alvito (FR) p.i. 02194120602 CIOCIARI.COM   © pretaonlus 2000-2010 - pretaonlus @ gmail.com   L’Eco di Roccasecca Anno 19, n. 94		                                           Dicembre 2014 I vampiri Il cosiddetto rischio vampiro a Roccasecca non è che fosse così presente, al Palazzone, poi, non se ne parlava più di tanto e neanche tra compagni di scuola. Questo probabilmente perché non erano ancora stati proiettati film sull’argomento nella vecchia sala cinematografica dello Scalo, ma il pericolo, come tutti sanno è sempre in agguato e tende a coglierci di sorpresa. Quale fu in questo caso la sorpresa? Beh, bisognerebbe scorrere le pagine dei settimanali dell’epoca per scoprirlo ed in particolare quelle di “Annabella”, periodico della Rizzoli che forse qualcuno ricorderà. Ma andiamo per ordine.  Tutto iniziò l’anno in cui la mia madrina del battesimo, che abitava a Roma ed era impiegata alla CineRiz, ne regalò un abbonamento a mamma che fu molto contenta. Anche a me piaceva sfogliare le pagine patinate di quella rivista ed in particolare leggere gli articoli monografici che trattavano dei temi più disparati in occasione di presentazioni di libri, nuovi film o associandoli a semplici fatti di cronaca. Sfortuna volle che un bel giorno uno di questi articoli trattasse per l’appunto di vampiri, e, ovviamente, lo lessi d’un fiato, rannicchiato sulla sdraio della camera da pranzo, quella vicino alla radio che quel giorno rimase spenta.  Castelli, tombe scoperchiate, facce livide, occhi assatanati, denti aguzzi, sangue, trecce d’aglio, urla, pianti ed anatemi in quell’articolo si sprecavano  finché tutto finiva con l’innalzarsi di croci, ed il conficcarsi di paletti di legno nel petto di quei morti viventi.  Questi erano, sinteticamente gli elementi della trama che non starò qui a raccontare perché oggi tutti la conoscono.	 “Embè, a te che te fregava?” mi chiederà a questo punto qualcuno dei più disinvolti mica stavi in transilvania?” Certo che non stavo in Transilvania, ma ero io che spesso, la notte, venivo mandato in cantina a prendere una cassetta di legna da ardere quando la scorta stava per finire e la vecchia stufa della cucina rischiava di spegnersi. “Vai tu, Renzo?” mi chiedeva mia madre e… “Ma si, che va lui. E’ un ometto, ormai!” tagliava corto mio padre dandomi la chiavi della cantina e condannandomi al mio destino. Ora c’è da dire che quelle cantine, situate al piano seminterrato del Palazzone, di giorno non erano neanche male. Avevano corridoi ampi che terminavano  con finestrelle alte, affacciate all’esterno, che un po’ le illuminavano e quindi, sempre di giorno, ci si vedeva relativamente bene. La notte no. La notte lo scenario cambiava completamente e bisognava procedere al buio ché la luce elettrica in quelle cantine non c’era, oppure al lume di candela.  Con quella fiammella tremolante, se ero riuscito ad accenderla, la candela, dovevo quindi scendere le scale, percorrere i corridoi divenuti neri come la pece, indovinare il buco della serratura, aprire la porta  che faceva sempre un po’ fatica ad aprirsi e che cigolava in modo impressionante. Poi riempire la cassetta di legna, richiudere e finalmente andarmene riguadagnando il più velocemente possibile le scale illuminate per bene, le porte delle case amiche da dove si percepivano voci di gente buona, la porta di casa mia, la tranquillità.  “Ma come la fai lunga!”aggiungerà ora quel qualcuno di prima”Eccheccevò?” Che ce vo’? Provate voi a percorrere quei corridoi bui nel silenzio assoluto della notte alla luce incerta di una candela! Provate voi, ma non ora che siamo tutti adulti e vaccinati, provate voi pensando di essere tornati i bambini  di quel lontano passato. Poi ne riparliamo!  Voglio concludere l’argomento trattando, come al solito,  dei cosiddetti antidoti. Cosa avrei fatto se il vampiro fosse apparso e mi avesse lasciato il tempo di fare qualcosa? Cosa avrei fatto se non fossi morto subito per la paura?  A questo punto, e voler essere onesti, c’è da dire che “Annabella”  le sue brave istruzioni le dava.  Occorreva tracciare un cerchio per terra, saltarci dentro, impugnare una croce e gridare “Vade retro anima dannata, in nome di Dio vade retro!”, o qualcosa del genere. Sembra facile, ma con la cassetta per le mani, la candela tremolante, la chiave e la tremarella addosso non lo era affatto, quindi… meno male che è andata sempre bene!